il manifesto 15.11.16
Il club dei paperoni con Soros studia «la resistenza»
Proseguono
le proteste No Trump nelle strade. Chiusi per tre giorni nell'hotel
Mandarin a programmare le contromosse, miliardari e alti papaveri
democratici, da Nancy Pelosi a Elizabeth Warren e Keith Ellison
di Marina Catucci
New
York Continuano le manifestazioni anti Trump negli Stati Uniti, il
primo fine settimana dopo la sua elezione ha visto sfilare decine di
migliaia di americani, da New York a Miami, a Portland a Dallas, a
Boston, formando un elenco lunghissimo di eventi che si sono tenuti in
un clima abbastanza pacifico, considerata la potenziale polveriera in
cui si svolgono.
«Non smetteremo di far sentire questa voce – dice
Mark, tra gli organizzatori della marcia di New York – perché non farlo
sarebbe un po’ come se un’asteroide stesse per entrare in collisione
col pianeta e distruggerlo, e tutti dicessero “Aspettiamo che abbia
fatto, vediamo cosa ha da dire quest’asteroide”. Sappiamo cosa ha da
dire Trump, l’ha detto durante la campagna elettorale e l’ha ribadito
durante la trasmissione di Cbs, 60 minutes, domenica sera: vuole
deportare milioni di illegali, vuole un muro col Messico, tanto per
cominciare. Che facciamo? Stiamo qui a guardarlo?».
Non solo la
base dei cittadini americani si sta mobilitando, arrivano appelli anche
da John Oliver, comico e attore inglese trapiantato in America dove
conduce il telegiornale satirico Last Week Today. Nella sua trasmissione
Oliver ha messo in guardia i media e gli spettatori dal rischio di
normalizzare Trump e di abbassare la guardia, ha riepilogato tutte le
minacce fatte dal tycoon nei mesi appena trascorsi e ha fornito un
elenco di associazioni non governative che si occupano della difesa dei
diritti Lgbtq, degli immigrati, dei musulmani, oltre che della libertà
di stampa. Tutti soggetti che ora come mai hanno bisogno di essere
sostenuti perché toccherà a loro, per i prossimi 4 anni, difendere i
diritti in pericolo.
Dichiarazioni importanti sono arrivate anche
dai politici; dopo il sindaco di New York, De Blasio, che si è impegnato
a non cedere al governo Trump gli elenchi dai quali si potrebbero
estrapolare le identità dei newyorchesi illegali e a far ricorso a tutte
le leggi in vigore che servono a proteggere i diritti e le persone,
anche il governatore Andrew Cuomo ha pubblicato sul sito dello Stato di
New York e su i suoi social personali, una dichiarazione dove ricorda
che a New York State ci sono molte leggi che difendono i cittadini che
ora si sentono in pericolo e ha invitato gli americani che abitano in
altri Stati dove non si sentono al sicuro a trasferirsi lì «dove verrete
accolti e protetti».
Mentre le strade erano piene e i politici
cercavano di tranquillizzare i cittadini, George Soros e altri ricchi
liberal che hanno speso decine di milioni di dollari nella campagna
elettorale di Hillary Clinton, domenica si sono radunati a Washington
per una tre giorni a porte chiuse che si sta svolgendo all’hotel
Mandarin Oriental patrocinato dall’ influente Democracy Alliance donor
club.
Questo incontro prevede l’intervento della maggior parte dei
leader dei sindacati e dei gruppi liberal, così come di personaggi più a
sinistra nella sinistra americana, come Nancy Pelosi, la senatrice
Elizabeth Warren e il co-presidente del Congressional Progressive Caucus
Keith Ellison. Secondo un ordine del giorno e altri documenti ottenuti
da Politico, in questo incontro alcune sessioni si stanno già preparando
per le elezioni del 2017 e 2018, mentre altre si concentrano sulle
mosse necessarie a contrastare il piano per i primi 100 giorni del
presidente eletto Trump, che l’ordine del giorno chiama «un assalto
terribile ai risultati del presidente Obama e la nostra visione
progressiva di una nazione equa e giusta».
In questo incontro
molti liberal stanno rivalutando il proprio approccio alla politica e il
ruolo della Democracy Alliance (o Da), come il club è chiamato nel
mondo della finanza.
Il Da, i suoi donatori e i gruppi che ne
beneficiano, negli ultimi dieci anni hanno avuto un ruolo importante nel
plasmare le istituzioni della sinistra americana, tra cui l’aver
orientato alcune delle sue principali organizzazioni su Clinton, basando
la propria strategia sull’idea che le minoranze e le donne fossero il
cosiddetto «crescente elettorato americano» che avrebbe portato alla
vittoria i democratici.
Evidentemente non è stato così e, stando a
Politico, si potrebbe vedere ora il paradosso di un piccolo esercito di
miliardari che si sposta a sostenere posizioni, esponenti e candidati
filo socialisti.