lunedì 14 novembre 2016

(gloria)
Internazionale 12.10.2016
Il peso insostenibile degli straordinari
di Michael Hofman, The Japan Times, Giappone

 “L’epoca dei rapporti umani è finita”

La morte per troppo lavoro di un’impiegata della Dentsu, la principale agenzia di comunicazione del Giappone, rivela un problema diffuso che la legge non riesce ad arginare Negli anni novanta in Giappone non c’era spazio per le sciocchezze. La bolla era esplosa, l’economia era crollata. “L’epoca dei rapporti umani è finita”, dichiarò un manager alla rivista Aera nel 1996, difendendo i licenziamenti sempre più frequenti. Oggi viviamo nella stessa era, anche se in una fase diversa. Vent’anni fa il problema erano i licenziamenti, oggi è il troppo lavoro. Sono due facce della stessa medaglia, quella del taglio dei costi. Un’economia supercompetitiva impone il cinismo. Rapporti umani? Oggi come allora è molto difficile averne. I licenziamenti di massa seguiti da un lungo blocco delle assunzioni riassumono buona parte della storia economica giapponese degli ultimi vent’anni. Di recente le assunzioni sono riprese. La maggior parte delle persone ha un lavoro, ma a quale prezzo? nel 2015 in Giappone sono stati riconosciuti 93 casi di karoshi (morte per troppo lavoro). Si tratta di casi estremi: lo stress, la depressione e la stanchezza cronica non portano necessariamente alla morte. Aziende nere Playboy Weekly ha fatto un sondaggio su mille lavoratori e ha scoperto che il 59 per cento delle 878 persone che facevano abitualmente gli straordinari soffrivano “abbastanza” o “molto” il peso del lavoro. C’è una pubblicità degli anni ottanta di una bevanda energetica che oggi suona come una parodia. mentre un giovane manager ingurgitava la bevanda ed esplodeva di vigore e vitalità, una voce chiedeva: “Riesci a lottare per 24 ore al giorno?”. L’espressione del manager lasciava pensare che 24 ore al giorno per lui fossero perfino poche. A quell’epoca l’espressione burakku kigyo (azienda nera) era sconosciuta. Indica un grado di sfruttamento vicino alla schiavitù. Un recente sondaggio della confederazione sindacale giapponese ha riscontrato che un quarto dei duemila intervistati riteneva di lavorare per un’azienda nera. Un dipendente di una burakku kigyo ha un vantaggio rispetto a uno schiavo: può licenziarsi. Playboy Weekly riporta il caso del signor A, 28 anni, supervisore in una fabbrica di confezionamento con uno stipendio di 200mila yen al mese (1.700 euro). Dovrebbe lavorare dalle 8 alle 16.30 ma in realtà il suo orario va dalle 6.30 alle 18, e nei mesi più intensi fa 140 ore al mese di straordinari. Sotto la pressione del governo, le aziende stanno cercando di ridurre gli straordinari. Quando gli ispettori del lavoro hanno chiesto di limitarli a 42 ore al mese, l’azienda di A ha obbedito. “Così ora sono pagato solo per 42 ore, ma il carico di lavoro è lo stesso”, racconta. Allora perché non si licenzia? Lo farebbe, se trovasse un lavoro migliore. L’articolo di Playboy Weekly descrive l’inquietante spettacolo di impiegati che s’intrufolano nel loro ufficio a qualsiasi ora contro il tentativo dell’azienda di far rispettare l’orario regolare. Il problema è che l’orario regolare non basta per il carico di lavoro. e chi non fa straordinari è accusato di lassismo. Il signor b è manager in una catena di ristoranti. Il suo capo, spinto dall’ufficio del lavoro, ha imposto un tetto di 60 ore agli straordinari mensili, ma la mole di lavoro impedisce di rispettarlo. Quindi b comincia a lavorare due ore prima di timbrare il cartellino e finisce due ore dopo. Di recente si è parlato molto di matsuri Takahashi, morta suicida nel dicembre del 2015. Aveva 24 anni e lavorava alla Dentsu, la più grande agenzia pubblicitaria del paese. A settembre il suo suicidio è stato ufficialmente riconosciuto come karoshi. La sua vita era una sequenza di giornate lavorative di dodici ore piene di insulti dei superiori. Poco prima di uccidersi aveva inviato un’email alla madre: “Il lavoro è insostenibile. La vita è insostenibile”. Il 7 novembre 2016 gli ispettori del lavoro hanno fatto un’incursione in varie sedi della Dentsu, la più grande azienda di comunicazione del Giappone, appurando che almeno trenta impiegati hanno lavorato oltre cento ore mensili in più rispetto a quelle registrate. Il nome dell’azienda è caduto in disgrazia da quando a settembre il suicidio di un’impiegata è stato ricondotto alle pressioni subite dai superiori e al lavoro eccessivo. Dal 1951 alla Dentsu si seguono “i dieci princìpi” , uno dei quali dice: “non mollare davanti al proprio compito, nemmeno se si viene uccisi”. Il governo sta preparando una riforma per evitare la morte dovuta al troppo lavoro. Bbc