lunedì 7 novembre 2016

Corriere 7.11.16
Cihan lotta per la città dove è nata e le sue donne
di Marta Serafini

«Libereremo tutte le donne di Raqqa e le vendicheremo». Lo dice con la voce calma, ferma. Capelli lunghi raccolti in una coda, divisa d’ordinanza delle Ypj, le milizie femminili curdo-siriane, Cihan Seikh Ahmed si presenta. «Sono originaria di Raqqa, sono nata lì e sono la portavoce di Ira dell’Eufrate». È stata lei, ieri, a leggere il comunicato stampa che ha dato il via all’operazione Ira dell’Eufrate. Uno schiaffo a mano aperta ai miliziani del Califfato che considerano la peggiore delle onte essere uccisi da una donna. Non è un caso che l’annuncio dell’offensiva sia stato affidato ad un comandante di sesso femminile. Nell’esercito curdo, le donne hanno pari diritti e pari doveri degli uomini: combattono in prima linea, indossano e usano le armi e non possono sposarsi, proprio come i loro compagni. Tutto il contrario delle milizie jihadiste dell’Isis. Dall’altra parte del fronte le donne, quando va bene, operano nelle retrovie da spie o reclutatrici, come nella brigata Al Khansaa, nata proprio a Raqqa con il compito di controllare e seviziare le altre donne ridotte in schiavitù e costrette alla completa sottomissione. Ed è per loro che le donne curde combattono. Dopo aver scambiato qualche battuta con i giornalisti Cihan Seikh Ahmed torna seria: «Voglio fare un appello a tutte le donne che si trovano ancora a Raqqa: scappate, noi vi aiuteremo e vi proteggeremo».