Corriere 3.11.16
A caccia di alieni con il maxi telescopio
Si trova in Cina e misura 500 metri di diametro: cercherà forme di vita nell’universo
di Tullio Avoledo
Si
trova in Cina il più grande telescopio del mondo. Misura mezzo
chilometro di diametro, pari a 30 campi di calcio, e ha una missione:
scrutare le galassie in cerca di civiltà aliene. La possibilità di
entrare in contatto con civiltà extraterrestri (il «primo contatto»)
affascina l’umanità da molto tempo. Quella che cerchiamo non è una chat
galattica, ma la risposta all’antica domanda: siamo soli nell’universo?
La
possibilità di entrare in contatto con civiltà extraterrestri (il
cosiddetto «primo contatto») affascina l’umanità da molto tempo. Si
potrebbe obiettare che in un mondo in cui comunichiamo già poco fra
umani, andare a cercarci un alieno come interlocutore può sembrare
illogico. In realtà quella che cerchiamo non è una chat galattica, ma la
risposta all’antica domanda: siamo soli nell’universo? Possibile che
avesse ragione Enrico Fermi? Pare che il grande fisico italiano, nel
1950, durante una discussione sugli extraterrestri alla mensa dei
laboratori di Los Alamos, abbia esclamato «se l’universo pullula di
civiltà sviluppate, dove sono tutti quanti?». Come mai non abbiamo
ancora ricevuto una loro visita, o almeno un segnale radio?
La
risposta cercò di darla, undici anni dopo, l’astrofisico americano Frank
Drake, che elaborò la sua famosa (almeno nell’ambiente) equazione per
calcolare il numero di civiltà possibili nella nostra galassia. Tenendo
conto che questa ha un diametro di circa 100.000 anni luce, e che la
galassia più vicina alla nostra, Andromeda, dista da noi 2.538 milioni
di anni luce, per il momento le comunicazioni extragalattiche non
rappresentano ancora una priorità. Limitandoci quindi alla nostra
galassia, è mai possibile che fra i 200 miliardi (secondo i pessimisti) e
i 400 miliardi di stelle che la compongono nessuna illumini pianeti in
grado di ospitare una civiltà evoluta?
Purtroppo sì. È possibile.
Nonostante il programma Seti (Search for Extra-Terrestrial Intelligence)
sia attivo da più di 40 anni, e sia stato affiancato nel tempo da vari
altri programmi, sinora non è stato raccolto alcun segnale radio
attribuibile a una civiltà aliena. Se ne dovrebbe allora dedurre che non
ce ne sono? In realtà i motivi potrebbero essere altri: i segnali
potrebbero viaggiare nello spazio, ma i nostri radiotelescopi essere
puntati nella direzione sbagliata. Inoltre le civiltà hanno una certa
durata (che sempre Drake ipotizza in 10.000 anni): bisogna quindi essere
in sintonia per comunicare. Noi terrestri, ad esempio, usiamo le onde
radio da poco più di un secolo. Un segnale arrivato sulla Terra prima
del 1900 non sarebbe mai stato captato. Bisogna poi tener conto della
distanza: il segnale lanciato dal radiotelescopio di Arecibo il 16
novembre 1974 verso l’ammasso globulare di Ercole M31, distante 25.000
anni luce, potrà ricevere una risposta, ben che vada, solo tra 50.000
anni. Può infine anche darsi, come sostengono alcuni, che gli alieni
(come del resto gran parte dell’umanità) non sentano la necessità di
comunicare con noi. O abbiano paura. Insomma, i motivi per rimanere in
ascolto ci sono. Ricevere un messaggio dallo Spazio cambierebbe la
nostra percezione della vita e dell’universo. Resterebbe però ancora
valida la domanda della scrittrice americana Ursula K. Le Guin: «E
adesso cosa vi direte?».
C’è una sola certezza, nel caso il «primo
contatto» avvenisse. Se esiste una figura in grado di dialogare e
mediare con intelligenze aliene, è senz’altro un amministratore di
condominio italiano...