Corriere 24.11.16
La corsa dei minatori in un’area protetta nel Madagascar
di Paolo Virtuani
Le
pietre blu rischiano di devastare una zona di inestimabile ricchezza
ambientale. Le pietre blu sono gli zaffiri estratti da una miniera in
Madagascar in un corridoio naturale tra due aree protette, di cui una
patrimonio Unesco dell’umanità. Questo è il messaggio che la gemmologa
inglese inglese Rosey Perkins, che a fine ottobre ha visitato l’area a
est di Ambatondrazaka. «Ho camminato dodici ore nella giungla, superato
32 guadi in fiumi e torrenti, incontrato una fila incessante di donne e
bambine che portano acqua potabile, uomini e ragazzi con pesanti carichi
sulle spalle. Alla fine sono arrivata in un cratere bucherellato come
una grattugia, circondato da alberi abbattuti e bruciati, dove diverse
migliaia di persone vivono in tende tenute su tra il fango, senza alcun
tipo di servizi igienici», racconta nel suo blog
(roseyperkins.com/blog/).
Da un mese, in una
remota regione delle zone nord-orientali del Madagascar, è in atto una
corsa agli zaffiri. Da quando sono state estratte le prime pietre
preziose, l’area è stata presa d’assalto da minatori professionisti e
improvvisati, mercanti, militari che cercano di mantenere un minimo di
ordine, donne e uomini accomunati da un’unica speranza: trovare la
«grande pietra blu perfetta», quella da 100 carati che, si dice, è stata
estratta dai primi fortunati minatori. Ma nessuno l’ha mai vista.
Zaffiri
e rubini sono varietà dello stesso minerale: il corindone, un ossido di
alluminio che è il materiale naturale di maggiore durezza dopo il
diamante. La differenza è che i rubini sono rossi a causa delle
inclusioni di cromo, gli zaffiri sono blu per le inclusioni di titanio e
ferro. I più grandi e pregiati, quelli blu intenso ( royal blue ), una
volta tagliati arrivano a costare anche mille euro a carato. «Nei tre
giorni che ho passato alla miniera — dice Perkins — ho visto pietre di
tutti i colori: azzurrastre, bianche, lattiginose, alcune policrome.
Quelle azzurro-blu sono rare, ne ho viste pochissime e solo nelle mani
dei mercanti».
Il giacimento si trova in
un’area teoricamente protetta, un corridoio naturale tra il Parco
nazionale Zahamena a sud e la Riserva speciale di Mangerivola a
nord-ovest dove i lemuri, proscimmie che vivono solo in Madagascar,
possono spostarsi da una zona all’altra. Il Parco Zahamena fa parte
delle foreste pluviali di Atsinanana, dichiarate nel 2007 dall’Unesco
patrimonio dell’umanità. Da una parte ci sono le preoccupazioni
ambientaliste, dall’altra le esigenze di una delle nazioni più povere
del mondo in cui le miniere artigianali sono una delle voci più
importanti dell’economia e vengono difese dalla classe politica locale.
Anche se la compravendita delle gemme è in mano a mercanti locali e
stranieri.
Quella di Ambatondrazaka è solo
l’ultima delle corse allo zaffiro che si sono succedute in Madagascar a
partire dal 2012. «Le miniere si aprono e si sviluppano a velocità
incredibile. Durante la mia visita arrivavano molte centinaia persone al
giorno. Poi, così come sono nate, improvvisamente si svuotano. Il 23
ottobre i militari mi hanno detto che dovevo andare via», termina il suo
racconto Rosey Perkins.
Le ultime notizie
dal Madagascar dicono che i minatori stanno abbandonando la zona per
spostarsi verso un nuovo giacimento. Dopo il blu, è aperta la corsa al
rosso. «Dicono che sono stati trovati i rubini» .