Corriere 24.11.16
Cari liberisti, siate più coraggiosi La disuguaglianza non è peccato
di Danilo Taino
Nell’Italia
di oggi, un conduttore di talk-show televisivi che dice di essere
liberista e sostiene che «la disuguaglianza fa bene» dev’essere un po’
sconsiderato. Se lo mette nero su bianco in un libro, cerca guai. Nicola
Porro, però, ama il rischio: d’altra parte, così dev’essere un
liberista. Quindi, il libro l’ha scritto e gli ha messo proprio quel
titolo, roba forte: La disuguaglianza fa bene. Manuale di sopravvivenza
per un liberista — edito da La nave di Teseo.
Sa
che, nella cultura corrente, il libero mercato gode di cattiva stampa;
che il «neoliberismo» non si capisce bene che cosa sia, ma serve da
epiteto da lanciare contro presunti affamatori dei popoli; che per molti
l’idea di limitare l’ingerenza dello Stato negli affari delle persone è
da ostracizzare. Per questo parla di sopravvivenza in un mondo in cui
quasi tutti si dicono liberali e quasi nessuno lo è alla prova dei
fatti.
Più che un viaggio, il libro di Porro
è una passeggiata ariosa tra i grandi del pensiero liberale, italiani e
di tutto il mondo, contemporanei e passati. L’autore si muove per i
sentieri che portano a spiegare la centralità della libertà nell’agire
umano. Lo fa, però, fermandosi a raccogliere i fiori più sorprendenti,
gli argomenti che colpiscono perché fuori dalla conversazione politica e
accademica mainstream . Per dire: critica la religione che sostiene
l’allarmismo sul riscaldamento globale; rovescia la retorica per dire
che «senza un padre ricco San Francesco non sarebbe mai diventato
povero»; esalta il ruolo della borghesia; difende l’individualismo;
riscopre il ruolo dell’invidia; esalta la libertà di scegliere senza il
paternalismo dello Stato. E dice che non andrà mai in vacanza a
Capalbio: perché lì ci va la sinistra e la sopravvivenza, per un
liberista, oggi è vivere fuori dall’impalcatura culturale costruita in
lunghi anni dalla sinistra.
Questo, infatti,
è un libro politico oltre che di pensiero. Al punto che si apre con il
grido di «Liberali di tutta Italia, svegliatevi!». Invito generoso,
probabilmente destinato a non volare molto alto nei cieli italiani, ma
del tutto comprensibile.
Il dominio
culturale della sinistra, così profondo da essere diventato senso comune
in gran parte degli ambiti della vita, non può essere liquidato con la
critica alla sinistra stessa. È anche la mancanza di una destra liberale
ad avere permesso il dilagare quasi incontrastato, in Italia, di
convinzioni assistenzialiste, dell’idea dello Stato-tata, dello
scetticismo sul ruolo dell’impresa, dell’infatuazione per la
redistribuzione della ricchezza attraverso le tasse, del pregiudizio
contro la creazione della ricchezza stessa, del pauperismo che corre
sotto la pelle del Paese. È che i liberali italiani sono stati e sono
grandi pensatori, ma quando si viene alla politica sono sempre finiti
nella sabbia.
Porro, che è un giornalista,
vicedirettore del «Giornale», fa un notevole lavoro d’informazione pura.
Tratta i temi più rilevanti e controversi dell’oggi facendo parlare gli
scritti di pensatori liberali di primo piano: tra gli altri, Adam
Smith, Milton Friedman, Luigi Einaudi, Ludwig von Mises, Raymond Aron,
Sergio Ricossa; fino ad Ayn Rand, per mettere sotto critica feroce il
conformismo degli intellettuali e delle classi dirigenti. Tra i
contemporanei, Francesco Forte, Nassim Nicholas Taleb, Francesco
Giavazzi, Alberto Alesina, Antonio Martino; e Harry Frankfurt per
spiegare che il problema non è la disuguaglianza ma la povertà, «i
poveri soffrono perché non hanno abbastanza, non perché altri hanno di
più».
Però fa anche un’operazione politica,
entra in polemica diretta con mostri sacri della sinistra, non liberali.
Ad esempio Umberto Eco, considerato da Nicola Porro uno dei teorici
della superiorità antropologica degli individui di sinistra quando
scrive che gli elettori di destra sono quelli che «salendo su un treno
comperano indifferentemente una rivista di destra o di sinistra purché
ci sia un sedere in copertina». Ecco, questo è il punto politico che
Porro vuole fare: non solo non è vero che la destra non legge; ha
soprattutto scritto pagine straordinarie sulla libertà, che viene prima
dell’uguaglianza. Si può rischiare di scriverlo.