martedì 1 novembre 2016

Corriere 1.11.16
Perché il Classico è il liceo migliore
di Antonella De Gregorio

Chi esce dal liceo classico, qualunque facoltà scelga, ha punteggi più alti alla laurea: 105, di media, contro 103 di chi esce dallo Scientifico e 99,7 di chi ha studiato a un Tecnico. Lo dice una ricerca condotta da Almalaurea.
Ma quali processi e petizioni: per salvare il liceo classico basterebbe guardare i numeri. Quelli del voto di laurea degli ex liceali, innanzitutto: qualunque facoltà scelgano, hanno punteggi più alti dei colleghi: 105, di media, contro 103 di chi esce dallo Scientifico e 99,7 di chi ha studiato a un Tecnico. O quelli sulla regolarità degli studi: in linea con i diplomati scientifici e davanti ai tecnici. La motivazione, poi: il 40,3% dei laureati con formazione classica si iscrive all’università spinto da interessi culturali, contro il 32,3 dei laureati con matrice scientifica e il 27,8 di coloro che hanno un diploma tecnico. Basta, questo, a raccontare il Classico come la scuola che «tiene» di più? Ne è convinto Ivano Dionigi — latinista, ex rettore dell’Università di Bologna, presidente di Almalaurea — che ha fatto analizzare dal Consorzio le performance universitarie dei diplomati al Classico in tutti i corsi.
Le prospettive di lavoro
L’indagine, che Dionigi ha illustrato in anteprima al Corriere e che ha sondato 270 mila laureati nell’anno solare 2015, sfata molti luoghi comuni. Intanto, che il Classico sia la scuola dei «figli di papà»: lo è stato forse fino al 1969, quando era l’unico che dava accesso a qualsiasi facoltà. «Oggi è ancora vero che chi viene dal Classico gode di un contesto socio-culturale più avvantaggiato, ma il dato del 33,8% proveniente dalla classe media impiegatizia, sommato al 13,7 della classe del lavoro esecutivo, smonta l’equazione», dice Dionigi. Poi, che offra prospettive di lavoro circoscritte: i diplomati al Classico svolgono lavori in ogni ambito, da Fabiola Gianotti, direttrice del Cern di Ginevra, al regista Gabriele Salvatores.
L’accesso alle facoltà
Infine, resiste il luogo comune che agli studenti del Classico risultino più ostiche le facoltà scientifiche. A Bologna, per dire, quelli iscritti a Medicina battono i colleghi dello Scientifico quanto a medie, voto di laurea e regolarità di studi.
Lo stesso a Roma, alla Sapienza, e al Politecnico di Milano, dove il rettore, Giovanni Azzone, ha elogiato gli ottimi risultati dei diplomati classici. In generale, dice Dionigi «i voti di laurea sono più elevati, in tutti i 15 raggruppamenti disciplinari esaminati, tranne ingegneria, dove Classici e Scientifici comunque pareggiano (102,1)».
Tradurre dal greco
Ma allora quel gregge sempre più sparuto (dimezzato in meno di dieci anni) che ha scelto il Classico — 6 ragazzi su 100, nel 2016 — ha più vantaggi o svantaggi? Domanda che ciclicamente torna e riporta alla querelle sull’utilità del Classico e di alcune sue prerogative. I sostenitori ne apprezzano metodo e organizzazione. E quel meccanismo di logica che è la traduzione e costituisce un esercizio unico, sostiene Massimo Cazzulo, grecista e docente al Tito Livio di Milano: «Tradurre un testo classico significa mettere in atto un ragionamento complesso che stimola i processi analitici, sintetici, intuitivi, gnoseologici, che induce a impostare un’ipotesi di lavoro e sottoporla, poi, a critica per vedere se funziona. Questo spiega perché gli studenti del Classico ottengono risultati eccellenti anche in materie lontane dalla classicità».
Le critiche e gli appelli
Come si sia arrivati a mettere all’angolo un liceo che ci è stato invidiato da mezzo mondo richiederebbe un libro. Tra le pagine, comparirebbero processi, appelli e da ultimo anche una task force per rilanciare l’indirizzo di studi (taskforceperilclassico.it). Va detto che le critiche nascono dall’esterno, non dall’interno: chi lo ha scelto, in 74 casi su cento lo rifarebbe. Lo confermano i dati di Almadiploma, la branca di Almalaurea dedicata alla scuola superiore.
L’esigenza di un rilancio
«Non si tratta solo di difenderlo ma di riflettere», dice Ivano Dionigi. Per un rilancio, Dionigi invoca innanzitutto un pieno riconoscimento dell’importanza del latino e del greco. Poi, «anziché semplificare e sostituire, come è stato suggerito, potenziare. Dilatando gli orari scolastici, rivedendo i compiti a casa, pagando il giusto gli insegnanti».