lunedì 3 ottobre 2016

Repubblica 3.10.16
Gianni Cuperlo
“Matteo ci dimostri che fa sul serio, il doppio turno così non ha senso”
“Se il Pd convoca una piazza io ci vado, ma vorrei anche capire su quali proposte e traguardi”
“La proposta di Franceschini divide il partito”
intervista di Tommaso Ciriaco

Onorevole Gianni Cuperlo, stavolta Renzi sembra fare sul serio e promette per la direzione del Pd un testo per modificare l’Italicum prima del referendum. È possibile un accordo?
«Il problema non è la mia fiducia, l’importante è che alle parole seguano gli atti. Per me questo vuol dire che il Pd incardina in Parlamento una nuova legge che superi i limiti dell’Italicum e riapre il confronto».
Renzi le ha risposto e ha aperto a modifiche su capilista e apparentamento: è sufficiente per dire Sì al referendum?
«Nella lettera a Renzi io ho indicato tre principi: recuperare la rappresentanza, collegi uninominali per rifondare il legame tra eletti ed elettori, un premio di maggioranza che incentivi la governabilità».
Il premier deve rinunciare anche al ballottaggio?
«Il ballottaggio ha senso nei collegi. Un ballottaggio nazionale per il Parlamento non ha precedenti e temo non funzioni in un sistema tripolare».
Per Franceschini basterebbe introdurre solo il premio di coalizione.
«Franceschini ha un chiaro disegno politico: per lui la legge elettorale dovrebbe stabilizzare l’attuale maggioranza, per governare anche in futuro con Alfano. Ma questa è una linea che divide il Pd. Io voglio ricostruire il centrosinistra».
Lei si aspetta che la proposta di Renzi in direzione sia del governo, del Pd o della maggioranza?
«Mi aspetto una proposta chiara del Pd sulla quale aprire un confronto a partire dal centrosinistra. Mi aspetto un’indicazione chiara su come si eleggeranno i senatori. Mi aspetto che si parli dei problemi dell’Europa e di una società e di un’economia che chiedono al governo un cambio di passo».
Se sceglierete il No, la scissione sarà inevitabile?
«Non voglio nessuna scissione e lavoro perché dopo questo referendum vi siano ancora le ragioni e la forza di un campo più largo di noi. Il premier dice che in due mesi ci giochiamo i prossimi vent’anni. Forse è vero ma dovrebbe chiedersi lui per primo se non sia un errore drammatico aver messo l’Italia dinanzi a questo bivio, con un’Europa e un mondo scossi».
Ha ragione Renzi quando dice che volete mandare a casa l’attuale leadership e tornare a un passato di litigi?
«Non facciamo caricature. Nella mia lettera gli ho riconosciuto alcuni meriti importanti. Io voglio mandare a casa la destra, non il segretario del Pd. Ma temo un partito dove vale solo l’applauso perché si finisce come nella favola sui vestiti nuovi dell’imperatore».
Se prevale il no, le dimissioni di Renzi sono inevitabili?
«Se vincesse il No immagino che Renzi farebbe quel che ha detto. Sul dopo avrebbe voce il capo dello Stato che non ha bisogno di consigli».
Si discute anche del rischio di una deriva autoritaria in caso di vittoria del sì e senza modifiche dell’Italicum.
«Io non vedo una deriva autoritaria. Credo che parti della riforma siano scritte in modo confuso. È vero che le dittature sono un’altra cosa. Questa rischia di essere soprattutto un’occasione sciupata».
Dice Renzi: ritroviamoci in piazza il 29 ottobre. Lei ci sarà?
«Se il Pd convoca una piazza io di solito ci vado. Aggiungo che sarebbe saggio capire su quali proposte e traguardi: per la tregua in Siria e un’Europa diversa o per “tagliare i politici” come dice un brutto manifesto del Pd? Perché forse non sembra, ma fa differenza».