domenica 2 ottobre 2016

Repubblica 2.10.16
L’amaca
di Michele Serra

COMMENTO quasi unanime degli amici che hanno visto Renzi-Zagrebelsky: due mondi non comunicanti, due lingue diverse per lessico, ritmo, cultura. Non è stato un vero e proprio “scontro” perché ognuno dei due parlava delle cose che gli premevano (Zagrebelsky la democrazia; Renzi il governo) quasi senza sfiorarsi. Due orbite diverse. Non è una buona notizia. Ideologica o anagrafica che sia, è una cesura che taglia in due un campo — la politica — già molto sconnesso. La democrazia non può non porsi il problema del governo (ovvero delle decisioni), il governo non può non porsi il problema della democrazia. È come se dovessimo andare a votare non solo per l’una o per l’altra metà della stessa mela, ma anche contro l’altra metà. Se per il Sì, perché ci preme che il sistema politico italiano esprima finalmente governi stabili e in grado di prendere decisioni rapide. Se per il No, perché temiamo lo scardinamento di un sistema di garanzie e contrappesi e l’eccesso di potere di chi vince. Ma la mela è la stessa; perché dunque governo e democrazia, nella drammatizzazione retorica dei due fronti (soprattutto quello del No, per la verità) appaiono in drastico conflitto? C’è qualcosa di profondamente indesiderabile (di strutturalmente sbagliato?) in questo referendum, e di ancora più indesiderabile negli effetti che produrrà. Bisognava pensarci prima: ma discutere, per Renzi, è una perdita di tempo. Per i suoi avversari, un’occupazione a tempo pieno. Due mondi non comunicanti, appunto.