venerdì 21 ottobre 2016

Repubblica 21.10.16
L’intervista.
La rabbia di Francesco: mia moglie uccisa dopo dodici ore di calvario. Ora voglio solo giustizia
Il marito insiste: “Il chirurgo si è rifiutato di operare”
“Quel dottore mi disse: finché battono i cuori dei bimbi non posso fare nulla”
Anche altre persone hanno sentito la frase: chiedo loro di farsi avanti
Chiedevamo spiegazioni, ma nessuno intanto si dava da fare

CATANIA. «Lo ha detto a me, a me personalmente. Erano le 8 di sera, mia moglie urlava dal dolore da quasi dodici ore. Quando ho chiesto al medico di aiutarla, di fare qualcosa, mi ha risposto: “Sono un obiettore di coscienza. Non posso intervenire fino a quando c’è un battito di vita”». Francesco Castro si batte vigorosamente la mano sul petto, quasi a giurare che quella che dice è la pura verità. Affondato sul divano dello studio del suo legale, l’avvocato Salvatore Catania Milluzzo, si scuote per un attimo dall’abbandono e dallo sconforto assoluto che lo attanagliano da domenica, quando ha deciso di riportarsi a casa il corpo di Valentina, dicendo no all’autopsia che era stata suggerita dalla direzione dell’ospedale Cannizzaro.
In ospedale negano decisamente che il medico di turno abbia mai detto quella frase e si chiedono come mai abbiate deciso di presentare denuncia solo due giorni dopo la morte di sua moglie. Cosa risponde?
«Cosa ne dovevo sapere io che quel medico era obiettore di coscienza, chi me lo doveva dire se non lui? Lo ha detto a me, e lo ha ridetto ai genitori di Valentina due volte, una delle quali fuori dalla sala travaglio davanti a testimoni, altre persone che non conosco ma che erano lì perché familiari o amici di un’altra partoriente. Io non so chi siano, ma chiedo loro di farsi avanti e confermare quello che dico. In ogni caso per gli inquirenti non sarà difficile trovarli. Quanto al fatto che domenica abbia detto no all’autopsia preferendo riportare a casa Valentina, non credo sia troppo difficile comprendere il perché: ero impazzito per il dolore, volevo solo che questo incubo finisse, che mia moglie potesse finalmente riposare in pace. Poi a casa, con un minimo di calma, ci siamo confrontati e abbiamo deciso che era giusto presentare denuncia».
Quando e perché il medico le ha detto quella frase?
« In serata, prima che mia moglie espellesse il primo bambino. Valentina si era sentita male la mattina dopo colazione, le era salita la febbre, le avevano dato l’antipiretico, era scesa subito ma poi era ritornata a 39. Nel frattempo aveva cominciato a vomitare e ad avere dolori lancinanti. Chiedeva aiuto e nessuno faceva nulla, l’infermiera diceva che doveva aspettare il medico che era in sala parto. Fino alle 3 del pomeriggio nessuno l’ha vista, poi l’hanno fatta scendere nella zona parto. Che cosa stesse succedendo a noi non lo ha mai spiegato nessuno. Anzi, prima ci hanno detto che aveva una colica renale. Lei continuava ad urlare, chiedeva aiuto, chiedeva di essere sedata, io sono entrato in quella sala dieci minuti e sono uscito perché non ce la facevo più. A quel punto ho chiesto al medico di fare qualcosa e lui mi ha dato quella risposta. E poi l’ha ridetto a mia suocera e a mio suocero. Chiedete a loro».
Salvatore Milluzzo, il papà di Valentina, funzionario di banca, siede di fronte a Francesco e scandisce bene le parole.
«Certo che lo ha detto anche a noi. Mia figlia aveva la pressione a 50, la temperatura a 34, sola sul lettino che gridava. Il medico ci ha detto che il battito dei bambini cominciava ad affievolirsi e che stava per perderli e li avrebbe espulsi. A quel punto io e mia moglie gli abbiamo chiesto di fare presto, di farli uscire tutti e due il prima possibile e di fare qualsiasi cosa pur di far finire in fretta questo calvario. Valentina urlava in maniera disumana da più di dodici ore, le ultime parole che ha detto a mia moglie sono state: “Mamma, sto morendo”. E mia moglie per farle coraggio le ha risposto: “Non si muore di parto”. Abbiamo chiesto al medico di fare presto e lui ci ha dato la stessa risposta che aveva dato a Francesco, ma mai nessuno, mai, ci ha fatto capire che Valentina era in pericolo di vita».
Francesco annuisce e con un filo di voce aggiunge: «Quei bambini li attendevamo con gioia, Valentina si era sottoposta a un lungo percorso per averli, pensavamo di avercela ormai fatta. Quando dalla visita di controllo e’ venuto fuori che rischiava un parto prematuro ho deciso di portarla in ospedale per sentirci sicuri e assistiti e invece adesso lei non c’è più, loro non ci sono più e io non ho più niente». ( a. z.)