venerdì 21 ottobre 2016

Repubblica 21.10.16
Medici, se la storia in tv non è uguale per tutti
Il produttore della serie Luca Bernabei risponde alle critiche dello storico
Replica Franco Cardini: “Viene premiata la creatività”

Caro professor Cardini, ho letto il suo commento su Repubblica e ho la sensazione che sia stato eccessivamente ingeneroso nel giudicare il nostro lavoro che, come ricorderà, iniziò molto tempo fa proprio con il contributo autorevole suo e di due sue assistenti, quando la serie si chiamava ancora Florence.
Come produttore di fiction rispondo della qualità di questo lavoro e — volendo andare oltre al dato eclatante degli ascolti, che pure restano il principale metro di giudizio dell’apprezzamento di un prodotto — mi soffermo su alcune sue critiche puntuali.
Abbiamo rappresentato il nostro protagonista con la barba solo per dare al pubblico un segnale del passaggio di tempo dal presente al passato. È vero che i ritratti “ufficiali” dell’epoca rappresentano Cosimo senza barba; ma è anche vero che nel Rinascimento le barbe si portavano, come dimostrano numerosi quadri e ritratti dell’epoca.
Il Concilio del 1409 avvenne a Pisa, è innegabile — spero potrà immaginare che ne eravamo a conoscenza — ma non ritiene che spostare a Roma la “trattativa” coi cardinali e unire quindi la conoscenza di Cosimo della “città eterna” sia stata una scelta “economica” assai efficace per far comprendere al pubblico la posta in gioco nel poco spazio di un episodio pilota?
Altrimenti ci saremmo dovuti addentrare in una storia dei papi per spiegare perché la sede della Chiesa era spostata a Pisa. A noi interessava solo dire che finanziando la salita al soglio pontificio di un antipapa (Giovanni XXIII) i Medici diventano banchieri della Chiesa.
La guerra di Lucca è sullo sfondo, anche se il ruolo di Francesco Sforza mi pare chiaro. Nostro intento era raccontare non una guerra secondaria, ma la contrapposizione fra le parti all’interno della Signoria di Firenze. Sulla connotazione delle parti in conflitto si può discutere, ma converrà che fosse necessario usare dei tratti distintivi chiari fra i due schieramenti capeggiati da Medici e Albizzi.
Come sa bene all’interno della Signoria ci fu sempre una certa contrapposizione tra nobili e artigiani.
La costruzione della Cupola brunelleschiana non fu un “mezzuccio demagogico” ma effettivamente diede respiro all’economia urbana e rilanciò la città di Firenze anche a fronte delle grandi difficoltà economiche patite in quegli anni. Non mi risulta che questo possa essere contraddetto.
In sostanza, quella che lei denigra come “public history” a noi pare essere stata accolta dal pubblico come lo sforzo generoso per far arrivare nelle case degli italiani almeno una parte di ciò che resta troppo spesso nei musei o nelle aule universitarie.
Concludo precisando che durante lo sviluppo delle sceneggiature ci siamo avvalsi della consulenza del professor Andrea Gamberini dell’Università di Milano che ci ha seguito nello sviluppo delle sceneggiature. Come lei sa bene una serie televisiva non è un documentario ed il racconto deve per forza fare i conti con l’apporto creativo degli autori.
Luca Bernabei

Caro dottor Bernabei, ho la sensazione che Lei abbia invece capito benissimo che io mi stavo trattenendo il più possibile nelle critiche: e lo facevo proprio per la cara memoria che ancora mi lega al grande Ettore Bernabei e per l’amicizia che ho nei confronti della Rai e della Lux Vide con le quali ho collaborato.
Ho rilevato alcune cose, tenendomi il più possibile sulle generali e sulle marginali.
Avrei potuto andare al nòcciolo della questione: alla feroce lotta tra contrapposti gruppi di famiglie oligarchiche per il potere che ne “I Medici” è stata stravolta e ridotta al contrasto tra nobili “duri” e “nuovi ricchi” amici del popolo.
Avrei potuto sottolineare l’assoluta mancanza del nesso tra politica, economia in crisi, religione e uso strumentale della cultura.
Avrei potuto sottolineare che nulla trapela nello spettacolo del triangolo Firenze-Milano-Venezia che è il motore politico-militare della lotta primo quattrocentesca in Italia. Voi avete fatto la scelta della non-storia perché avete capito benissimo che la società italiana di oggi ritiene di poterne fare a meno, di poterla trascurare.
Mediaticamente e commercialmente avete vinto: congratulazioni.
Se poi studiosi e cultori di storia se ne lamentano è ovvio che questo sia per voi un prezzo da pagare. Un prezzo lievissimo.
Gli sconfitti siamo noi che non abbiamo saputo valorizzare l’importanza della storia nella società di oggi.
Franco Cardini