venerdì 21 ottobre 2016

Corriere 21.10.16
Fritz Lang, il mistero della prima moglie e i delitti del mostro
di Paolo Mereghetti

Due storie vere, due ricostruzioni «infedeli» ma soprattutto due ambizioni molto lontane l’una dall’altra. Florence Foster Jenkins di Stephen Frears racconta l’ultimo anno di vita della ricca newyorchese che sovvenzionava la musica (Toscanini compreso) nella New York del 1944, Fritz Lang di Gordian Maugg punta invece sull’anno in cui il regista tedesco preparò M – Il mostro di Düsseldorf : il primo è a colori, il secondo in bianco e nero, ma soprattutto il primo si appoggia tutto sulla straordinaria prova di Meryl Streep, perfetta nello stonare le arie d’opera che la Jenkins si ostinava a cantare anche in un «celebre» concerto pubblico alla Carnegie Hall di New York, il secondo invece cerca di scavare nella psicologia di un regista per capire il fascino che esercitava su di lui il tema della violenza. Per questo vediamo Fritz Lang (interpretato da Heino Ferch) appassionarsi alla storia dell’omicida seriale che nel 1930 terrorizzò Düsseldorf uccidendo donne e bambine, all’origine dell’Hans Beckert poi interpretato da Peter Lorre. Non solo per cercare nella cronaca lo spunto per la sua prima opera parlata, ma perché — così ci dice il regista — quei delitti riportavano alla mente del regista alcuni momenti cruciali della propria vita passata: la fine mai chiarita della sua prima moglie Lisa (della cui morte fu anche inizialmente accusato), il fascino dell’uccisione (che sperimentò combattendo in Galizia nel 1916), i ricordi di un’infanzia traumatica (madre religiosa, padre violentemente ateo) e un rapporto con l’altro sesso per lo meno contorto. Senza dimenticare l’ascesa del nazismo e delle sue idee che trasformarono il caso del «mostro» in un’occasione di propaganda antidemocratica. Il tutto utilizzando al meglio spezzoni di film e cinegiornali d’epoca, che si fondono perfettamente nel bianco e nero del film e che contribuiscono a restituire l’aria malata e morbosa di una Germania sull’orlo della catastrofe. Frears invece punta tutto sulla Streep e sul coprotagonista Hugh Grant (che interpreta il marito servizievole e infedele) per giocare con i toni della commedia. Il film di Giannoli Marguerite (che aveva inventato una storia simile) retrodatava tutto agli anni Venti, all’esplosione dadaista e alla distruzione della nozione di «artista» e di «bella esecuzione». Qui invece c’è solo il sogno di onnipotenza di chi non riconosce i propri limiti (grazie ai soldi che elargisce il marito) e la passione senza freni per la musica che un’attrice eccelsa trasforma in un piacevole e colorato divertissement .