Repubblica 19.10.16
Il riscatto dell’italiano dai fornelli agli atenei
La
nostra lingua è un successo all’estero, certifica la Crusca È la
preferita dalla pubblicità e aumentano quelli che la studiano
di Valeria Strambi
NEL MONDO nel 2014- 2015 2.233.000 persone hanno studiato italiano
Nel 2013- 2014 gli studenti erano 1.7 milioni. L’anno prima 1.5 milioni
“È in gioco la credibilità. Chi si occupa di storia dell’arte o di lirica non può farne a meno”
337mila gli studenti nella sola Germania, il Paese più interessato all’italiano
212 mila negli Stati Uniti, 41 mila in Tunisia e 7 mila in Cina
A Pyongyang gli studenti erano solo tredici, appena 15 in Sri Lanka, Qatar e Bahrein
FIRENZE
Una Napoli gustata da “Papa John’s Pizza”, nel Kentucky, promette un
sapore più autentico rispetto a quella comprata in un qualsiasi altro
fast food americano. Così come l’ultimo film di Steven Spielberg può
diventare più avvincente se visto al cinema Caruso, in Thailandia.
Oppure i pantaloni acquistati da “Villa Moda”, in Medio Oriente, hanno
quel non so che di elegante che manca allo stesso capo presente nel
negozio a fianco. A fare sempre più la differenza, nell’immaginario
degli stranieri, è il dettaglio italiano. Vero o inventato che sia, un
richiamo al Belpaese è garanzia di qualità e basta a far vendere di più.
Parola di linguisti, pubblicitari, manager d’azienda ed esponenti del
mondo della politica e della cultura che si sono ritrovati per due
giorni agli Stati Generali della lingua italiana nel mondo, conclusi
ieri a Firenze.
«Vestirsi d’italianità serve a essere più
credibili», conferma Paolo D’Achille, professore di Linguistica italiana
all’Università di Roma Tre e accademico della Crusca, «abbiamo
analizzato le insegne commerciali di 21 paesi del mondo: 339 sono
ispirate alla tradizione enogastronomica italiana e altre 214 alla moda.
Anche se non sempre le citazioni sono corrette. Non penso solo agli
errori di ortografia, ma anche alla scelta delle corrispondenze.
Esistono negozi di abbigliamento chiamati “Dolce Vita”, ma il
riferimento non è al maglione a collo alto, quanto al film di Fellini
che porta con sé tutta la magia di un’epoca e di uno stile di vivere».
Ma
l’immagine del nostro paese si ferma a qualche insegna in italiano
maccheronico? «Può capitare che da parte di chef o gestori di negozi di
moda scatti la curiosità di imparare davvero la lingua», prosegue
D’Achille, che insieme a Giuseppe Patota ha curato per l’occasione
l’e-book L’italiano e la creatività. Marchi e costumi, moda e design
scaricabile gratuitamente fino al 23 ottobre – il fenomeno è ancora
piccolo, ma è un canale da non sottovalutare». Ma accanto a un italiano
pop, visto e consumato negli spazi di uno slogan, c’è ancora chi si
avvicina alla lingua per ragioni culturali: «Chi studia la Storia
dell’Arte o la lirica», spiega D’Achille, «non può farlo a prescindere
dall’italiano. Mi è capitato di vedere un documentario in inglese in cui
una storica dell’arte commentava un manoscritto in italiano: per farlo
non basta un’infarinatura. Mai rinunciare all’approfondimento». E anche
il governo sembra credere nella promozione della cultura italiana al di
fuori dei confini. All’apertura degli Stati Generali lo stesso premier
Matteo Renzi ha annunciato che 50 milioni previsti nella Legge di
Stabilità sono destinati proprio a rafforzare le scuole d’italiano
all’estero. A ribadire il concetto ha pensato ieri il presidente della
Repubblica Sergio Mattarella: «Proporre la qualità Italia è la sfida di
fronte a noi: proporre cioè l’umanesimo che deriva dalla nostra cultura,
dal modo di vivere, di lavorare. L’italianità parla di umanesimo».
Veri
cultori della lingua o semplici ammiratori, sono sempre di più gli
stranieri che scelgono di studiare l’italiano. Se nel 2012-2013 erano un
milione e 522 mila, nel 2014-20105 sono aumentati di più di 700 mila
unità raggiungendo quota due milioni e 233 mila. La Germania resta in
testa, con 337.553 studenti, seguita da Australia (326.291), Francia
(274.582), Stati Uniti ( 212.528) ed Egitto (124.925). In Australia, nel
2016, sono stati inseriti corsi d’italiano nei sistemi scolastici
locali e il governo ha riconosciuto la nostra lingua come parte del
patrimonio ereditato dall’immigrazione del passato. Agli ultimi posti
della lista Ban- gladesh, Bahrein e Repubblica Popolare Democratica di
Corea, con rispettivamente 10, 15 e 13 studenti.
Per chi vive
dall’altra parte del mondo, però, non sempre è semplice studiare
l’italiano e il rischio di perdersi nei meandri della burocrazia è alto.
Dove seguire i corsi? Come procurarsi un visto? Le risposte si trovano
sul “Portale della lingua italiana nel mondo”
(www.linguaitaliana.esteri. it), un database appena attivato che per la
prima volta raccoglie le 1.300 cattedre di italiano che esistono al
mondo con relativi indirizzi, oltre al corso di italiano a distanza
gratuito del Wellesley College.
Tra le sezioni del sito, c’è anche
quella dedicata alla “Formazione artistica e per la creatività”, una
lista degli istituti italiani che offrono corsi riconosciuti nei settori
della moda, design, musica, cucina. «Gli studenti stranieri che
studiano negli istituti italiani sono solo il 4 per cento», commenta il
viceministro degli Esteri, Mauro Giro, «entro il 2018 vorremmo
raggiungere l’8». E la chiave per attrarre talenti potrebbe essere
proprio quella di insegnare loro un mestiere. Chi accede al Portale non
deve far altro che inserire la regione e il settore che gli interessa
per avere davanti un mondo: dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze,
all’Accademia italiana d’Arte di Roma o il Conservatorio Giuseppe Verdi
di Milano.