mercoledì 19 ottobre 2016

Repubblica 19.10.16
“Due saloni meglio di uno” Così parlò Francoforte
Alla Buchmesse editori e agenti favorevoli alla doppia fiera del libro
Lettera-appello della scrittrice turca Asli Erdogan dal carcere
di Raffaella De Santis

FRANCOFORTE L’affaire Salone del Libro visto dalla Buchmesse di Francoforte, inaugurata ieri dal direttore Juergen Boos e dal pittore David Hockney, sembra ridotto a una bega da condominio. A nominare i due Saloni, quello storico torinese e il nuovo di Milano, si rischia di essere scambiati per un agente immobiliare. I tedeschi sono contenti: gli italiani hanno riconquistato spazio in Fiera (il doppio dello scorso anno, ora gli editori sono 250), sono dei buoni partner negli affari e non giocano un ruolo secondario.
Ma la sessantottesima edizione della fiera (7.100 espositori da 105 paesi) nasce cercando di guardare oltre il portafoglio, rivendicando prima di tutto, tra contratti a sei zeri e strette di mano, la libertà d’espressione: free speech è quasi un mantra nei discorsi di apertura, dove Heinrich Riethmuller, presidente dell’Associazione degli editori e dei librai tedeschi, ricorda che ci sono ancora paesi in cui scrivere e parlare in libertà non è permesso. Nomina la Cina, il sud Arabia, la Turchia, ma il momento toccante arriva con una lettera dal carcere della scrittrice turca Asli Erdogan: «Qui, nel mio paese, si lascia avvilire la coscienza con un’inimmaginabile brutalità». E poi quasi un grido di libertà: «La letteratura è sempre riuscita a superare i dittatori».
L’Italia, che ieri stava allestendo i suoi 500 metri quadrati di spazio, invece non preoccupa affatto. «In Italia, nonostante la crisi economica, c’è di nuovo una grande energia, perché allarmarsi se le fiere diventano due?». Parla così Juergen Boos: «Anche in Germania abbiamo due fiere, quella di Francoforte e quella di Leipzig e funzionano bene tutte e due». E se gli editori non riusciranno ad assicurare la loro presenza ad entrambe pazienza: «Una sarà più business, l’altra più culturale». Poi Boos cita Umberto Eco, «un amico della Buchmesse», e benedice anche le grandi famiglie allargate Mondadori-Rizzoli e Giunti-Bompiani: «Non sono una caratteristica meramente italiana».
Tra un appuntamento e l’altro al Rights Center, dove gli agenti letterari hanno già dato il via all’agenda d’incontri, si va avanti e si guarda agli affari. Maria Campbell, scout di New York, liquida la domanda sul Salone velocemente: «Non conosco i termini della contesa. Certo, non si potrà essere da entrambe le parti, bisognerà scegliere». Mentre Koukla MacLehose, scout londinese commenta divertita «Stravagante!». E aggiunge ironicamente: «Spero si mettano d’accordo. Forse la cosa migliore sarebbe farla un anno a Milano e l’altro a Torino». Porter Anderson, direttore di Publishing Perspectives, rivista online della Fiera, è invece a favore del cambiamento: «Milano mi sembra abbia una personalità e una voce più cosmopolite». Jake-Smith Bosanquet, foreign rigths dell’agenzia londinese Curtis Brown, dice di «non aver mai visto tanto ottimismo nel mercato italiano come quest’anno». Ma qui alla Buchmesse è forte il peso delle associazioni degli editori e dunque anche dell’Aie, che ha voluto il trasferimento a Milano. Arriveranno anche i neodirettori Nicola Lagioia e Chiara Valerio, in esplorazione o in cerca di contatti per future campagne acquisti?
In questo trambusto, se nomini Elena Ferrante, gli sguardi s‘illuminano. Tanto celebrata che ieri pomeriggio il suo editore tedesco Suhrkamp ha organizzato una festa per lei. Un party con editori da tutto il mondo: albanesi, romeni, coreani, svizzeri, australiani, lettoni. Qualcuno si aspettava lo scoop, l’arrivo del fantasma, ma è finita con un’ amichevole foto ricordo a celebrare la scrittrice misteriosa. In Germania il primo volume dell’Amica geniale è uscito e fine agosto. Ieri Hockney presentava nella conferenza di apertura il suo A Bigger Book. Oggi però si aprono le grandi aste. E qui tutti sperano nel colpo grosso.