sabato 15 ottobre 2016

Repubblica 15.10.16
Tante briciole un po’ per tutti
di Marco Ruffolo

ALLA fine si è voluto accontentare un po’ tutti. In cima alla lista dei beneficiati della manovra 2017 ci sono le imprese, ma subito dopo arrivano i pensionati poveri e i lavoratori precoci, i dipendenti pubblici e i precari da stabilizzare, gli infermieri e i poliziotti da assumere, le mamme con bimbi piccoli e le mamme in gravidanza. Quando l’estate scorsa Matteo Renzi si accorse che non era possibile anticipare la grande manovra sull’Irpef in aggiunta agli sgravi fiscali già previsti per le aziende, la maggior parte degli economisti lo invitò a concentrarsi sulla detassazione delle imprese. Si era capito che le risorse a disposizione per rilanciare la crescita sarebbero state ben poche: non più di sette-otto miliardi.
La ragione è semplice: da tre anni a questa parte ogni manovra è obbligata a disinnescare una bomba ad orologeria, un aumento di Iva e accise da 15 miliardi previsto dai governi passati a garanzia di obblighi di bilancio. Difficile, anzi impossibile, con gli attuali vincoli contabili, aggiungere a questo gravosissimo impegno più di 7-8 miliardi per la crescita. In tutto, dunque, una manovra da 22-23 miliardi.
Passati i caldi estivi, Renzi cominciò però a pensare che oltre alle imprese, c’erano alcune categorie meritevoli di partecipare alla distribuzione di quel modesto tesoretto. A cominciare dai pensionati poveri, ma anche dagli statali che aspettano il nuovo contratto da sette anni. E così sono stati dati 2 miliardi circa alla previdenza, mentre i 300 milioni iniziali per il pubblico impiego sono saliti: potrebbero raddoppiare o persino triplicare. Ma non è finita: l’ala cattolica della compagine governativa ha cominciato a insistere su misure in grado di resuscitare il tasso di natalità, il più basso dell’Unione europea, e così sono spuntate due misure che dovrebbero aggiungersi al bonus bebè e al voucher babysitter, con lo scopo di aiutare le giovani coppie: il “buono nido” e il premio “mamma domani”. Infine, giovedì scorso, ai sindaci italiani riuniti a Bari il premier ha annunciato lo sblocco parziale del turn over e l’assunzione per concorso di 10 mila lavoratori: infermieri, poliziotti e si spera anche medici.
Risultato: alla fine la torta complessiva a disposizione del governo (22 miliardi, che salgono a 24 per applicare le politiche già decise) verrà divisa così: il 68% andrà ad evitare l’aumento delle tasse indirette, il 18% alle imprese e agli investimenti pubblici e il 14% al nuovo pacchetto sociale. Insomma, al di là dello stop all’Iva, le misure per la crescita sono poco più di 7 miliardi, ma non concentrati solo sulle imprese.
Il rischio è che la fetta a disposizione di queste ultime per riattivare investimenti e competitività non sia affatto sufficiente. Si dirà che gli altri impegni di spesa sono comunque irrinunciabili. Ma se così fosse »e in realtà ci sono annunci che sembrano più pre-elettorali che motivati da ragioni strutturali – il governo forse avrebbe dovuto avere il coraggio di portare fino in fondo la sfida a Bruxelles e superare la stessa soglia del 2,4% di deficit alla quale adesso aspira.
Ferma restando la necessità di dare un minimo di dignità alle pensioni più povere, nelle nuove misure previste ci sono inoltre incongruenze che indeboliscono le riforme strutturali che lo stesso governo vuol portare avanti. A cominciare dalla riforma della pubblica amministrazione. Il governo dice di voler valutare nel rinnovo contrattuale degli statali i risultati raggiunti, in base ai quali distribuire i premi, ora dati a pioggia. Sta di fatto però che per giudicare quei risultati, devono essere indicati gli obiettivi da raggiungere. Obiettivi veri, non fasulli come i tre giorni di tempo per portare una pratica da un ufficio all’altro. La legge di bilancio, probabilmente, rinvierà questo impegno al Testo unico sul pubblico impiego, che non vedrà la luce prima di febbraio. È dall’inizio degli anni ’90 che aspettiamo questi obiettivi, senza i quali ogni valutazione è impossibile.
C’è poi la questione degli incentivi alla maternità. Se l’intenzione è quella di favorire le giovani coppie che non si possono permettere di avere un figlio, non sembra questo l’obiettivo di uno strumento come il “mamma domani” che allo stato attuale sembra assolutamente sganciato dal reddito e quindi esteso a tutte le future madri. Senza contare poi che si andrebbe ad allungare la lista già nutrita di trasferimenti per i figli, ciascuno con un diverso tipo di condizioni reddituali.
Fin qui le misure “in dare”. Quando si passa alle loro coperture finanziarie, il discorso si fa ancora più complesso. Se il deficit che il governo indicherà stasera nella legge di bilancio e nel documento da inviare a Bruxelles salirà, come sembra, dal 2 al 2,2% resteranno da trovare 4 miliardi, che diventano 2 e mezzo con un deficit al 2,3%. Nel complesso, si farà una manovra in disavanzo per dieci»undici miliardi. E il resto delle coperture? Malgrado il richiamo di Bankitalia a privilegiare i tagli di spesa, il grosso verrà dalle nuove entrate: recupero evasione e rientro-bis dei capitali. Solo 2 miliardi e mezzo dalla spending review, ma la cifra potrebbe salire. Ma c’è nel governo chi ricorda che il vero contenimento delle spese, la vera manovra di bilancio, scatterà con quegli articoli della riforma costituzionale che riconsegnano allo Stato le numerosissime competenze finora esercitate in condominio con le Regioni, eliminando una infinita serie di veti e di sprechi.