mercoledì 12 ottobre 2016

Repubblica 12.10.16
Pier Luigi Bersani esclude scissioni: “I democratici sono casa mia, mi caccia solo la Pinotti con l’esercito”. Ma avverte: “Il partito è solamente un veicolo, mi preme ricostruire un centrosinistra più largo”
“Il premier vuole le urne il prossimo anno dico No per evitarle Pronto a sfidarlo in tv”
La commissione per rivedere l’Italicum? Quella non si nega a nessuno. Andremo solo per simpatia verso Guerini
La vita finisce dove comincia... Lo dice l’Edipo Re di Pasolini. Bisogna restare a sinistra e guardare al civismo
Mi chiamano tanti, gente un po’ dentro un po’ fuori dal Pd, democristiani di quelli buoni, non rutelliani
intervista di Andrea Carugati e Goffredo De Marchis

ROMA. «La vita finisce dove comincia ». Pier Luigi Bersani ha appena pronunciato la smentita di rito sulla scissione, con un pizzico d’ironia: «Il Pd è la mia casa, per cacciarmi la Pinotti deve mandare l’esercito». Ma pochi minuti dopo, alla buvette di Montecitorio, torna a ragionare con preoccupazione sul futuro del Partito democratico. E prende a prestito la scena finale dell’Edipo Re di Pasolini con quella frase a tutto schermo: «La vita finisce...».
Niente mucche nel corridoio, stavolta. Non è una delle solite metafore bersaniane. Segna invece la gravità del momento: «Ho detto che a Renzi il cuore lo porta a destra. A me invece mi farà restare sempre qui, a sinistra ». Nel Pd? «Il Pd è un veicolo, l’orizzonte è un centrosinistra largo, che guardi anche fuori dal partito, coinvolgendo il civismo, le associazioni». Secondo l’ex segretario, il referendum e il prossimo congresso dem sanciranno questo bivio: «Bisogna scegliere tra il Partito di Renzi e un nuovo centrosinistra. Io mi batterò per questo. Quando dico che vanno separate le cariche di premier e segretario lo dico perché il Pd si deve mettere a disposizione di questo progetto con generosità. Anche rinunciando ad un nostro candidato premier. È l’unico modo - spiega - per fare fronte a una destra che c’è in tutta Europa, non più liberale e nemmeno liberista, protezionista semmai, con le persone e coi beni, in grado di illudere i lavoratori e i ceti più deboli». L’esempio che usa Bersani è la nuova premier britannica Theresa May. «Ma l’avete sentita? Questo magma sta venendo su anche nella società italiana e alle elezioni ce ne accorgeremo. È come l’Ulivo del 1996, una cosa che riuscì a nascere in pochi mesi perché nella società c’era già. Solo la destra italiana può riuscire a buttare questo biglietto vincente per mancanza di leadership… ». E il centrosinistra? «Se ammainiamo tutte le nostre bandiere verremo travolti da questa roba. E io già vedo il film: se vince il Sì, Renzi e i suoi tirano dritto per la loro strada. Ma dopo non mi vengano a cercare. Anzi, tra due anni sarò io che li vado a cercare se vince questa destra qua. Perché una cosa è chiara: puoi anche vincere il referendum e poi perdere le elezioni politiche».
Bersani appare già proiettato sulle prossime elezioni: «Se vince il No si vota nel 2018, perché serve un governo per fare la legge elettorale. Se vince il Sì forse si vota prima, e quel Sì sarà interpretato come un via libera all’Italicum». L’ex segretario respinge le accuse di strumentalità, di votare No il 4 dicembre dopo aver votato tre volte Sì alla riforma Boschi: «Io avevo già avvertito del pericolo, della semplificazione, quando si votò l’Italicum: Lo dissì all’assemblea dei deputati: in un sistema politico multipolare non puoi avere un sistema che elegge il sindaco d’Italia. Un sindaco può governare anche col 25% perchè amministra un grande condominio. Come si fa a fare un paragone con il presidente del Consiglio? Il Paese è una cosa molto più complicata».
E la commissione per cambiare l’Italicum proposta dal premier? Bersani allarga le braccia: «Una commissione non si nega a nessuno, noi ci andremo per simpatia verso Guerini...». Renzi vi accusa di voler sabotare un governo riformista, come accadde a Prodi nel 1998. «Ma come fa a paragonarsi a Prodi? Ci vogliono più umiltà e senso delle dimensioni. In quel governo c’erano Ciampi e Napolitano, ci davamo del lei, mica facevamo la legge di Bilancio in 10 minuti per andare ai tg. Abbiamo lasciato il debito al 103 per cento, ora è al 133 per cento, ma vedo che si continua a chiedere flessibilità per fare i bonus e altri debiti. Renzi parla tanto di futuro, poi carica così le spalle dei nostri figli».
L’ex segretario non ha alcuna intenzione di seguire l’esempio di Cuperlo, che vuole dimettersi da deputato se alla fine voterà No: «Un bel gesto, ma non può diventare una linea politica », sorride. «Qualcuno dovrà pur restare qui a difendere le ragioni del No, almeno un portavoce... ». Sarà sempre così popolare tra i militanti ora che è schierato contro la Ditta? «Continuerò a andare dove mi invitano e spiegherò la mia posizione». In fondo, non è facile liberarsi di uno come lui, e infatti nel corridoio della Camera lo abbraccia Sergio Staino, il mitico compagno Bobo, che mesi fa voleva spedire in Siberia «Pierluigi» e ora cerca di trattenerlo nel Pd. «E poi guardate che io non sono Mago Magò, non è che se io votassi Sì la gente mi seguirebbe. Molti dei nostri sono già sul No, come quelli che venivano ad ascoltarmi nella campagna per le comunali, applaudivano, ma alla fine mi dicevano: “Guarda che io il Pd non lo voto più”». E i sondaggi che raccontano di una base dem sul Sì oltre l’80 per cento? Non giustifica la strategia renziana della caccia a destra? «I sondaggi?», alza la voce Bersani. «Abbiamo già perso un sacco di voti nostri e quegli elettori che faranno al referendum? ».
L’ex segretario conferma che non aderirà a comitati del No. Ma ora si sente più libero: «Mi chiamano tante associazioni che sono un po’ dentro e un po’ fuori dal Pd. Ci sono anche tanti democristiani di quelli buoni, non rutelliani». Un confronto tv con Renzi lo farebbe? «Non lo accetterebbe lui. Ma sulla democrazia sono pronto a un faccia a faccia con chiunque, anche col premier». Dopo aver detto che il segretario l’ha trattata come un rottame, sono arrivati messaggi da palazzo Chigi? Bersani comincia a ridere, e la limonata quasi gli va di traverso.