Repubblica 12.10.16
Mio figlio non voterà Hillary
I
ragazzi sono stati il cuore della campagna di Sanders, ma ora non
scelgono Clinton: nonostante Trump. Lo spiega un famoso giornalista
Lettera a a tutti i giovani che non voteranno Hillary
di Siegmund Ginzberg
MIO
figlio non voterà per Hillary Clinton. Sono sorpreso. È registrato come
elettore democratico. In America gli elettori registrano la propria
scelta di campo, a prescindere da per chi voteranno. Lui ha sempre
votato per i democratici. Nelle ultime due presidenziali per Obama. Alle
primarie si era pronunciato per Bernie Sanders. Sanders a conclusione
della convention di Philadelfia aveva calorosamente appoggiato la
candidatura Clinton: «Non possiamo far vincere Trump». Ma evidentemente
anche in America non bastano più le indicazioni di voto per convincere
gli elettori. Ma come, tu che non voteresti mai per Trump, non voti per
Hillary a rischio di far vincere Trump?
“NO non rischio: a New
York Trump comunque non vince (in ogni Stato tutti i “grandi elettori”
vanno a chi ha avuto più voti, e lo Stato di New York è tra quelli
sicuri).
Per chi voti allora? Per il candidato verde, o per quello
libertarian. Insomma, il voto lo butti via pur di non darlo a Hillary?
Ti sta così antipatica? Risposta: Trump presidente sarebbe terribile per
l’America. Ma Hillary potrebbe essere terribile per il mondo. Lei certo
non è Trump, ma non è nemmeno Obama. Obama ha perso consensi perché
cercava soluzioni negoziate con tutti e ogni conflitto, e ha finito per
ritrovarsi di fronte l’Isis. Non c’è invece situazione di crisi che la
Clinton non abbia esacerbato con la sua teoria dell’uso calcolato della
potenza militare americana: la Libia, la Siria, l’Ucraina… Fu una dei
suoi vice, Victoria Nuland, a farsi intercettare con quel: « Fuck
Europe! ».
Non sarà questa la motivazione per cui altri non
voteranno Clinton. E non è detto che quelli che non voteranno Clinton
voteranno Trump.
Ma se, per un motivo o un altro, non la votano i
democratici che lei non ha convinto, non la votano i giovani, non la
votano quelli di sinistra, non la votano i liberal puri e duri, non la
votano i neri, non la votano gli ispanici, non la votano gli operai, non
la vota l’America profonda e arrabbiata, allora Hillary ha un problema.
Comunque siano andati i dibattiti. Qualunque cosa dicano i sondaggi,
già non entusiasmanti e ancora troppo ravvicinati e altalenanti negli
Stati in bilico, quelli che finiranno per decidere il risultato.
Mio
figlio è stato concepito in Cina, ma è nato a New York. Sotto Ronald
Reagan. Quindi è cittadino americano. Non solo vota, ma a rigore
potrebbe anche essere eletto presidente degli Stati uniti. A tempo
debito, si è regolarmente registrato per il draft, il sorteggio per il
servizio militare. L’ultima volta che gli Stati uniti hanno fatto
ricorso al reclutamento obbligatorio era stato durante la guerra in
Vietnam. Nelle guerre da quella in poi i soldati sono solo volontari,
professionisti. Ma non si può mai sapere: le liste sono sempre
aggiornate. Ogni anno, come d’obbligo per tutti i cittadini americani,
compila le dichiarazioni dei redditi e l’elenco di tutti i suoi conti e
attività finanziarie in tutto il mondo, anche se aveva lasciato gli
Stati Uniti quando aveva 6 anni e non ci ha più vissuto.
Da molti
anni vive a Londra, dove fa il matematico. Avrebbe sicuramente votato
contro la Brexit. Alle ultime elezioni per il sindaco (cui partecipano i
residenti, anche se non cittadini britannici) ha votato il pakistano
Sadiq Khan. Se votasse alle politiche sarebbe capace di votare il
laburista “di sinistra” Corbyn.
Mi chiederete: come faccio a
sapere come voterà alle presidenziali Usa? Lui vota per corrispondenza. I
voti dall’estero devono arrivare ben prima dell’8 novembre, saranno gli
ultimi ad essere scrutinati. L’absentee ballot gli arriva al suo
indirizzo italiano, che è il più stabile, quelli londinesi sono cambiati
di continuo. Per comodità, anziché mandargli la scheda a Londra, col
rischio che vada persa, glie la spedisco io direttamente a New York.
Lui, che pure è uno ligissimo alle regole, tutte le regole, si fida.
Forse
non dovrebbe. Non ho avuto il coraggio di dirgli che l’ultima scheda,
quella per le primarie democratiche, in cui avevo come da indicazione
annerito il circolino accanto al nome del rappresentante di Sanders, è
tornata indietro annullata. Mi ero dimenticato di firmare la busta
contenente la scheda. Sarà stato un lapsus.
Gli avevo obiettato:
guarda che lì un socialista non riuscirà mai a farsi eleggere. O sarà
perché non riesco ad abituarmi all’idea che una scheda per una voto che
dovrebbe essere segreto vada firmata.
Mio figlio sa che non mi
permetterei mai di votare diversamente dalla sua indicazione. Anche se
fosse un voto che rischia di far vincere Trump. La scheda l’ho ricevuta
da tempo. Non l’ho ancora compilata e spedita. Nella speranza che
qualcosa gli facesse cambiare idea. Che so, che la repulsione per Trump
gli facesse digerire la Clinton. Ora si avvicinano i tempi massimi per
il voto dall’estero, bisogna che imbusti il ballot e lo spedisca.
Mio
figlio è anche italiano, quindi vota anche Italia. Ha sempre votato a
sinistra, per qualche tempo è stato persino iscritto alla sezione
londinese del Partito democratico («Una sera al pub, forse ero un po’
ubriaco»). Non so ancora cosa voterà al referendum costituzionale.
Conoscendolo, penso che non deciderà prima di aver letto e valutato ogni
posizione e ogni virgola. Se vi incuriosisce posso chiederglielo. Ma
non so se risponderà. Se non a ridosso del voto.
È uno fatto così,
un po’ strano come lo sono talvolta i matematici. Ragiona per
algoritmi. La prima volta che ha letto questo giornale – era ancora
ragazzo, di ritorno per una breve vacanza in Italia – lo ha letto dalla
prima all’ultima riga, pubblicità compresa.