martedì 11 ottobre 2016

Repubblica 11.10.16
I peccati di Bill e i fardelli venuti dal passato
di Vittorio Zucconi

WASHINGTON. Seduto in prima fila, il viso un po’ stanco e affilato sotto la bella testa candida, l’angelo e il demone di Hillary guardava la moglie divincolarsi sotto il fardello che proprio lui le ha caricato sulle spalle. Bill Clinton, insieme il motore e la zavorra di Hillary, la ragione prima per la quale quella signora è a un mese dalla possibile vittoria e la ragione per la quale potrebbe ancora perderla, era la rappresentazione perfetta di una vita che sta tornando, nelle ultime ore della campagna elettorale, a chiederle il conto del passato, come il ritorno dickensiano dei fantasmi dei Natali passati.
Bill non è l’unica, ma è certamente la più ingombrante delle pietre che la signora porta nel suo zainetto e che stanno da mesi rallentando una marcia che doveva essere non un gara all’ultimo scandalo, ma una passerella sul Red Carpet elettorale. Hillary ha tutto per essere la candidata perfetta: la preparazione, i titoli accademici, l’esperienza quarantennale nella vita pubblica, da quando era avvocata nella commissione parlamentare per l’impeachment di Nixon, le amicizie giuste, i finanziatori generosi, la frequentazione del mondo e il cognome riverito nei circoli del suo partito. Ma proprio questo “tutto” è, letto alla rovescia, il fardello che deve trascinarsi e che non riesce a scaricare.
Nell’atmosfera tossica che ha avvolto il tempo delle democrazie occidentali confuse e rissose, l’esperienza è letta come un handicap, il pedigree politico come un’incriminazione. La sua difesa del marito infedele, la sua resistenza di fronte alle umiliazioni, che tante donne americane apprezzarono avendo conosciuto lo stesso dramma, è letto come cinismo carrieristico, se non addirittura come complicità criminale, contro quelle donne che Trump aveva schierato nell’auditorium del dibattito. La lunga battaglia per combattere l’oscenità della più ricca nazione del mondo incapace di garantire sanità a tutti è la pietra al collo di quell’”Obamacare”, della riforma obamania detestata dalle destre e dalla lobby assicurative.
Come donna che ha attraversato tutti i corridoi del potere politico, dagli appartamenti della Casa Bianca alla Segreteria di Stato passando per la elezione e rielezione al Senato, tutti gli strafalcioni, le avventure, i disastri degli ultimi 30 anni vanno messi nel suo zaino, dall’Iraq alla Libia, dal massacro di Benghazi a quella tragedia di Aleppo nella quale lei non ha avuto parte. E nei suoi amichevoli rapporti con la finanza già Bernie Sanders nelle primarie e ora Trump, che pure dei crediti delle Big Banks ha vissuto, vedono la prova della sua “corruzione”. Se Trump riesce a non pagare le tasse – dice –è perchè Hillary non ha riformato quel codice fiscale di cui ha sfacciatamente approfittato.
Il paradosso nel quale lei è impigliata e che il pasticcio della posta elettronica di servizio inviata attraverso un account privato e poi cancellata ha aggravato è che Hillary non sarebbe dove è ora, a tre mesi dal possibile insediamento alla Casa Bianca il 20 gennaio se non fosse Hillary, una donna di enormi capacità e temperamento. Ma l’essere Hillary è ciò che le pesa addosso, che le impedisce di scrollarsi l’impresentabile avversario e l’ostilità che tre quinti degli americani, e soprattutto i maschi, nutrono per lei. Il fardello di Hillary è Hillary.