Repubblica 10.10.16
“Noi donne, vittime dei Trump d’America” La rivolta anti molestie
“Raccontate le violenze che avete subìto”. La scrittrice Kelly Oxford riceve un diluvio di tweet: nove milioni in 2 giorni
di Anna Lombardi
«ERA
UN vecchio su un autobus: mi mise le mani fra le cosce e sorrise. Avevo
12 anni. Le molestie sessuali non sono statistiche. Condividete la
vostra esperienza: questa è la mia. #notokay». Non ci ha pensato troppo
Kelly Oxford. La sua indignazione ha voluto racchiuderla nei 140
caratteri di un tweet scritto d’impulso subito dopo aver visto il video
svelato dal Washington Post dove Trump parlava delle sue prodezze
sessuali in maniera cruda e sgradevole. E ha spinto “invio”: facendo
impazzire la rete.
In poche ore centinaia, migliaia, milioni di
donne hanno rilanciato il suo hashtag fino a renderlo il trend topic più
condiviso d’America. Raccontando, ciascuna, la sua storia di ordinaria
molestia. «Avevo 10 anni, era il mio babysitter. Mi disse che mi
insegnava a prendermi cura dei ragazzi» scrive Laurenne McCubbin da
Columbus, Ohio. «Era il fratello maggiore di un compagno di scuola. Mi
fece ubriacare, poi si sdraiò su di me. Aveva 18 anni, io 12» le fa eco
Christy Lemire, critico cinematografico di Los Angeles. E ancora: «Il
primo a toccarmi il seno fu un amico di famiglia quarantenne sulla porta
di casa dei miei nonni. Avevo 15 anni. Non l’ho mai detto a nessuno ma
ancora ricordo l’umiliazione» ricorda Tomris Laffly, fashion designer di
New York. Storia dopo storia dopo storia, in un solo weekend le donne
d’America hanno messo su Twitter quello che nessuno studio specifico
sarebbe riuscito a raccontare. Raggiungendo l’astronomica cifra di nove
milioni fra tweet e retweet in 48 ore, tutti di questo tenore.
«Certo,
sapevo che l’atteggiamento arrogante e sessualmente aggressivo mostrato
dal candidato alla Casa Bianca nel video di 10 anni prima, era qualcosa
che ci riguardava tutte. L’altra faccia di un’esperienza che agli
uomini fa sorridere e a noi fa orrore. Una esperienza che tutte le donne
conoscono bene» racconta ora Oxford al Washington Post. «Purtroppo le
statistiche dicono che in America una donna su cinque è stata
sessualmente molestata almeno una volta. Ma questa risposta di massa,
che due giorni dopo sembra ancora non finire, ha scioccato anche me».
Trentanove
anni, mamma di tre bambini e autrice di un libro intitolato Everything
is perfect when you’re a liar ma soprattutto di un celebre tweet dove
diceva «Se conosci il nome di cinque Kardashian, ma non di cinque Paesi
in Asia, infila un coltello in una presa elettrica» che l’ha trasformata
in una superstar della rete con perfino una webserie ispirata ai suoi
acutissimi tweet, Kelly Oxford ha deciso di fare il suo outing sulle
molestie subite dopo aver visto il video di Trump. Raccontare la “sua”
prima volta: il vecchio nell’autobus appunto: «per dare voce a chi
quell’atteggiamento arrogante del tycoon e di quelli come lui lo
subiscono da sempre. Come se fosse una cosa normale. Come se fosse una
cosa piacevole». E quando le donne in rete hanno cominciato a reagire,
lei non si è tirata indietro. Ha raccontato una seconda molestia subita,
poi una terza, una quarta, una quinta. Rompendo ogni argine fino a
provocare un immenso outing collettivo, dove donne di ogni ceto ed età
hanno trovato coraggio e voce, raccontando le tante molestie della porta
accanto: «Il parrucchiere che mi tagliava i capelli da sempre quando
avevo 14 anni mi spinse la lingua in gola». «Il maestro di ginnastica mi
palpò i genitali». «Il mio superiore nell’esercito mi ha stuprato in un
dormitorio».
«Nove milioni e mezzo di tweet dopo, al ritmo di due
al secondo, volete continuare a negare che in questo Paese c’è una
cultura dello stupro?» scrive ancora Oxford, postando la foto della sua
timeline. «Parlate, donne». E loro, le donne, continuano a parlare.
Perché no, la molestia non è ok.