giovedì 6 ottobre 2016

La Stampa 6.10.16
Macchine molecolari, il Nobel premia l’infinitamente piccolo
Il riconoscimento per la Chimica a Sauvage, Fraser Stoddart e Feringa. Delusione per l’italiano Balzani
di Giovanni Caprara

Il Nobel per chimica assegnato quest’anno dall’Accademia delle Scienze svedese è nato da una scoperta quasi per caso. Jean-Pierre Sauvage (72 anni) dell’università di Strasburgo e allievo a sua volta di un altro Nobel per la chimica francese, Jean-Marie Lehn, mentre studiava come la luce poteva innescare certe reazioni chimiche si accorge di due molecole ad anello intrecciate attorno ad uno ione di rame. Era il 1983 e dall’osservazione casuale si sviluppava quella manipolazione di particolari molecole (non tutte sono adatte) che avrebbe portato alla nascita delle nanomacchine delle dimensioni di miliardesimi di metro (le dimensioni delle molecole).
Sauvage divide il premio con Sir J. Fraser Stoddart (70 anni) scozzese, docente alla North-western University (Usa) e Bernard L. Feringa (51 anni) dell’università olandese di Groningen.
Tutti hanno assemblato molecole ad anelli o con altre forme riuscendo a provocare dei movimenti con l’ausilio della radiazione solare. Stoddart (che sognava di diventare un artista molecolare) prendeva ispirazione addirittura dagli «anelli Borromeo», così chiamati perché visibili nello stemma dell’importante famiglia della nobiltà milanese e proposti addirittura come simbolo dell’Unione Matematica Internazionale. Lo scienziato scozzese ha anche fabbricato un prototipo di nanoascensore che si spostava di 0,7 nanometri e un muscolo artificiale.
Il più giovane, Feringa, invece ha realizzato nel 1999 il primo motore molecolare. Per queste vie hanno preso forma in laboratorio dei marchingegni quasi invisibili che in futuro fanno sognare applicazioni straordinarie, dai computer alla medicina, al mondo dell’energia.
Nel Premio c’è anche un po’ d’Italia. «Sauvage mandava al nostro gruppo le supramolecole che realizzava e noi completavamo l’opera con l’attivazione luminosa», nota Vincenzo Balzani dell’università di Bologna, illustre specialista del campo (che per molti è stato dimenticato nell’assegnazione del riconoscimento), che per una quindicina d’anni ha collaborato con il Nobel francese. «La natura — spiega Balzani — ci fornisce esempi ben più complicati di nanomacchine rispetto a quelle che abbiamo concepito finora. Il nostro stesso organismo funziona grazie alle nanomolecole che si muovono assolvendo alle varie funzioni».
Per il momento i risultati sono solo di laboratorio ma presto le applicazioni (entro 25-30 anni, promette una nota dell’Accademia svedese) dovrebbero far nascere chip molecolari capaci soppiantare l’attuale silicio ingigantendo le possibilità dell’informatica soprattutto nei chip di memoria. Oppure nanomacchine in grado di viaggiare nel nostro organismo aiutandoci a curare le malattie come la fantascienza ci ha raccontato con indimenticabili suggestioni e speranze.