martedì 25 ottobre 2016

La Stampa 25.10.16
All’Europa la manovra non piace
“Troppe spese senza coperture”
La lettera all’Italia sulla scrivania di Juncker. Dubbi e critiche sulle cifre del governo “Il problema non è il deficit, ma è politico: troppe una tantum e stime generose”
di Marco Bresolin

Chi ha parlato nelle ultime ore con Jean-Claude Juncker lo descrive come «particolarmente infastidito». Sulla scrivania del presidente della Commissione c’è il delicato e fragile dossier del Ceta, che rischia di diventare il più grande fallimento dei suoi primi due anni alla guida dell’Ue. Nelle ultime ore la sua attenzione è dedicata principalmente all’accordo con il Canada e – rivelano fonti interne alla Commissione – avrebbe fatto volentieri a meno di altre seccature. Invece sono arrivate le dichiarazioni di Pier Carlo Padoan («Se l’Ue boccia la manovra, rischia la fine» aveva detto domenica il ministro in un’intervista a La Repubblica) che hanno creato «grande fastidio». Parole destinate a modificare l’atteggiamento di Bruxelles nei confronti dell’Italia.
La giornata tesa
Ieri era attesa la «comunicazione» di Bruxelles al governo, ma a tarda sera non risultava spedita ancora alcuna lettera. Né all’Italia né agli altri cinque Paesi coinvolti. La Commissione deve dire a Roma che il suo progetto di bilancio, così come è stato presentato, non rispetta i vincoli imposti dal Patto di Stabilità. Se fino a sabato il problema era di «come far passare questo messaggio nel modo più indolore possibile» per non turbare la campagna elettorale del referendum, fa notare una fonte comunitaria, da domenica le cose sono cambiate. E così ieri – dietro all’apparente calma silenziosa e ai «no comment» ufficiali dei portavoce della Commissione - è stata una giornata piuttosto caotica, tesa. Ci sono stati diversi scambi di opinioni per mettere a punto la strategia e trovare la giusta forma attraverso la quale recapitare il messaggio. «Normali questioni procedurali che hanno preso più tempo del previsto», concede un funzionario.
Voci e smentite
Ma è chiaro a tutti che dietro agli aspetti tecnici resta il problema politico. Il dossier-lettera, infatti, dopo un confronto tra i capi di gabinetto, è finito direttamente sulla scrivania di Juncker. Sarà lui a decidere, al più tardi questa mattina, che fare con il caso-Italia. Tutte le opzioni sono sul tavolo. Addirittura ieri sera c’era chi ipotizzava un cambio di strategia, mettendo in dubbio l’invio della lettera.
Matteo Renzi, come già aveva fatto domenica, continua a sollevare le spalle. «La lettera di Bruxelles? Arriverà, la vedrà Padoan, è lui che controlla la posta» ha detto ieri ai microfoni del Tg5. E la battuta riservata al ministro, visto il clima che si è creato a Bruxelles, ha un suo perché. Il governo italiano vuole mostrarsi compatto nella linea dell’intransigenza, ma bisogna vedere quanto questo atteggiamento pagherà nella trattativa.
I nodi tecnici che verranno indicati dalla Commissione sono parecchi. Non ci sono solo i dubbi sulle «circostanze eccezionali», che secondo Bruxelles l’Italia ha sovrastimato (spese per il sisma e per i migranti). Su quelli ci sono ampi spazi per trovare una soluzione. Ne sono ben consapevoli nei palazzi della Ue, nonostante il premier continui a battere su questo tasto per «vendere» meglio la sua battaglia: «Non mi faccio dire da qualche tecnocrate europeo che non si devono mettere a posto le scuole perché c’è una regola sulla stabilità. La stabilità dei nostri figli – ha ripetuto ieri al Tg5 – vale più della stabilità delle regole europee».
Coperture deboli
Il problema della manovra – ripete da giorni chi segue i negoziati – non è lo scostamento di 0,1% di deficit rispetto alle cifre concordate, piuttosto l’aumento di 0,4% del deficit strutturale. «Il vero problema – si fa notare – è che a fronte di determinate uscite mancano coperture strutturali». I punti sono sempre quelli: troppe una tantum e stime generose nelle entrate. Questo preoccupa Bruxelles, non lo sforamento eccezionale che potrà esserci nel 2017. Resta da capire quanti e quali passi indietro è disposto a fare il governo. «La manovra – ripeteva ancora ieri sera Matteo Renzi – non cambia».