La Stampa 24.10.16
Chiude la “giungla” di Calais
Scontri tra migranti e polizia
Profughi
 e gruppi di attivisti “no borders” lanciano sassi contro gli agenti. 
Oggi trasferite 2400 persone. I volontari: ma ogni giorno ci sono 30 
nuovi arrivi
di Leonardo Martinelli
È tutto 
pronto: inizia oggi lo smantellamento definitivo (nei desideri delle 
autorità francesi) della «giungla», la più grande bidonville di migranti
 d’Europa, a cinque chilometri a Nord-Est di Calais, sulle dune che 
corrono parallele alla Manica. È ormai un ammasso di tende e baracche 
(pochi i container), tra spazzatura e topi in circolazione, dove il 
freddo dell’autunno del Nord già incombe. Sarà davvero la volta buona? 
Se Parigi ha già trovato una sistemazione per 6400 persone in centri di 
accoglienza disseminati in tutto il Paese (ad eccezione della Corsica), 
così da effettuare uno smantellamento «pacifico», si temono le reazioni 
degli irriducibili, i migranti irrigiditi nel desiderio di raggiungere 
il Regno Unito (che, però, non li vuole). Ancora di più si temono le 
proteste violente dei «no borders».
Secondo le stime della polizia
 francese di ieri sera, fra i 150 e i 200 di questi attivisti, contrari 
alle limitazioni ai flussi di migranti all’interno dell’Europa, si 
sarebbero intrufolati all’interno della giungla negli ultimi giorni. E 
potrebbe esserci il loro zampino negli scontri che sono già scoppiati 
nella notte tra sabato e domenica e in particolare nelle prime ore di 
ieri, nei pressi del porto di Calais. Lì alcune decine di persone hanno 
lanciato pietre contro la polizia, che ha risposto con i gas 
lacrimogeni. Nella città e nei suoi dintorni sono arrivati negli ultimi 
giorni 1250 fra poliziotti e gendarmi, che si sono aggiunti ai 2100 già 
presenti a Calais.
La speranza delle autorità, comunque, è di 
svolgere l’operazione senza troppi impicci. A partire da oggi e per una 
settimana l’obiettivo è evacuare 6400 persone in 280 diversi centri di 
accoglienza. Nella sola giornata di oggi ne dovrebbero partire 2400. 
Secondo l’ultimo censimento, realizzato dalle Ong presenti sul posto lo 
scorso mese, erano 10.100 gli abitanti della giungla (solo 1500 
sistemati in container). Ma nel frattempo, da quando Bernard Cazeneuve, 
il ministro degli Interni, ha annunciato lo smantellamento, almeno 2000 
sarebbero già partiti, non si sa bene dove. «Tra quelli rimasti, sono 
sempre più numerosi i migranti che decidono di abbandonare il loro 
progetto di raggiungere il territorio britannico – sottolinea Pascal 
Brice, direttore dell’Ofpra, l’Ufficio francese per la protezione dei 
rifugiati e degli apatridi -: ormai vogliono restare in Francia».
Un
 vasto hangar di 3mila metri quadrati, a breve distanza dalla 
bidonville, era già pronto ieri sera per accoglierli e smistarli. Il 
progetto prevede di dividerli fra quattro file: gli adulti soli, le 
famiglie, i minorenni soli e le persone considerate più vulnerabili 
(soprattutto le donne che stanno compiendo il loro esodo senza nessuno 
al loro fianco). A ognuno di loro vengono proposte due regioni francesi 
di destinazione, tra cui scegliere. Poi, sarà loro consegnato un 
braccialetto del colore corrispondente alla regione selezionata: servirà
 a individuarli meglio e a spostarli verso il pullman giusto per 
arrivare a destinazione. In questo modo il presidente François Hollande,
 come promesso a più riprese, risolverà veramente il «problema Calais»? 
Secondo François Guennoc, responsabile dell’Auberge des migrants, una 
delle Ong più attive nella giungla, non è sicuro: «Tanti di loro 
ritorneranno qui – dichiara –, senza contare che nuovi migranti 
continuano ad arrivare, almeno una trentina al giorno».
L’altro 
grande punto interrogativo riguarda il destino dei minorenni, in viaggio
 da soli. Ieri 39 hanno lasciato Calais, per raggiungere i loro 
familiari nel Regno Unito. Si è così arrivati a 200 partiti nell’ultima 
settimana dall’altra parte della Manica. Ma, secondo il censimento di 
settembre, ce ne sarebbero 1291 in tutto nell’accampamento. Altri 400 
forse saranno accolti da Londra, ma non è sicuro. E la Francia avrebbe 
difficoltà a trovare una sistemazione per tutti quelli che restano, 
adolescenti ma anche bambini, in molti casi oggetto di violenze sessuali
 tra le tende della giungla.
 
