La Stampa 22.10.16
Obiezione di incoscienza
di Massimo Gramellini
Non
sappiamo ancora cosa sia veramente successo nel reparto di ginecologia
dell’ospedale Cannizzaro di Catania, dove una donna incinta di due
gemelli è morta dopo l’estrazione dei feti senza vita. I genitori e il
marito giurano che il medico di turno, obiettore di coscienza, si
sarebbe rifiutato di intervenire, nonostante la paziente si dibattesse
tra sofferenze atroci. Avrebbe sostenuto di non potere fare nulla per
lei «finché i cuori dei bambini non avessero smesso di battere». Ma ciò
che sappiamo per certo è che in quel reparto lavorano dodici medici e
tutti e dodici si dichiarano obiettori. Il dato nazionale non è molto
inferiore: ottantacinque su cento. Se la società vantasse una simile
percentuale di cattolici infervorati, le chiese sarebbero stracolme di
fedeli e le messe domenicali si celebrerebbero negli stadi.
Invece
la coscienza di molti di questi obiettori risulta essere ispirata a più
prosaiche considerazioni economiche. Prova ne è che una primaria di
ginecologia del San Camillo di Roma raccontò che quattro di loro, per
prenderne il posto durante una sua malattia, si affrettarono a firmare
un foglio in cui rinunciavano all’obiezione. Ma non solo la coscienza è
elastica. Anche la memoria. Quando una donna viene ricoverata dopo una
violenza si ricordano di sottoporla all’esame per l’Aids, ma si
dimenticano quasi sempre di somministrarle la pillola del giorno dopo.
Sarebbe piacevole vivere in un Paese dove una donna che entra in un
ospedale pubblico non fosse costretta a preoccuparsi della fedina morale
del medico che ha di fronte.