giovedì 20 ottobre 2016

La Stampa 20.10.16
Perché No
Ugo De Siervo, Giurista, ex Presidente della Corte costituzionale
“Non funziona: così si azzera l’autonomia degli enti locali”

Perché no a questa riforma, professor De Siervo?
«Perché è molto di più di come è stata presentata e discussa. Qui si rivoluziona l’intero sistema delle autonomie configurato fin dal 1948. Basti dire che quasi tutte le competenze regionali verranno attribuite allo Stato che le potrà disciplinare a sua discrezione, mediante leggi approvate alla Camera. Sfuggiranno in tutto o in parte alle Regioni materie tipiche come l’urbanistica, la tutela del paesaggio, l’assistenza sociale e la sanità. Ma se si riportano allo Stato queste competenze, l’autonomia regionale viene azzerata».
Questo cosa comporta?
«Significa aprire la strada a un processo di riaccentramento dei poteri che va in netta controtendenza rispetto a quanto avviene in tutto il resto d’Europa, dalla Germania alla Spagna. Nel terzo millennio, è assurdo pensare che la complessità territoriale possa essere governata direttamente dal centro. Se non altro, le forze politiche ne avrebbero dovuto ragionare seriamente. Il che non è avvenuto, perlomeno non in questi termini».
Il Parlamento ha sorvolato sulla questione?
«Ne ha discusso, ma in un orizzonte molto più angusto, come se si trattasse semplicemente di cogliere l’occasione della riforma costituzionale per correggere gli errori sul Titolo V commessi nel 2001. Errori che, peraltro, erano già stati in larga parte riparati dalla giurisprudenza della Corte costituzionale. Il rischio è che, nel giro di qualche anno, si arrivi a gonfiare enormemente la burocrazia ministeriale e a far gestire i poteri delle amministrazioni regionali da uffici periferici dello Stato centrale. E c’è un ulteriore paradosso».
Quale paradosso?
«Questa vastissima riforma non si applica alle cinque Regioni con Statuto speciale: Valle D’Aosta, Trentino Alto Adige, Friuli, Sardegna e Sicilia. A queste Regioni, anzi, viene concessa l’ulteriore singolare garanzia di poter rifiutare le riforme che in futuro dovessero riguardarle. È un privilegio che può generare contrapposizioni tra territori contigui, tensioni di cui nessuno sente il bisogno tra calabresi e siciliani, piemontesi e valdostani, veneti e trentini. Già oggi ci sono Comuni che cercano di essere accorpati nelle Regioni limitrofe a Statuto speciale per godere di condizioni più vantaggiose sul piano dei finanziamenti. Figurarsi se passerà la riforma».