mercoledì 19 ottobre 2016

La Stampa 19.10.16
Il sospetto del condono e la protesta dei bersaniani
di Marcello Sorgi

Non è un condono, dice Padoan. Non servirà a ripulire i proventi di attività criminali, aggiunge Nannicini. Il ministro dell’Economia e l’economista sottosegretario alla presidenza del Consiglio sono dovuti scendere in campo in difesa della «voluntary disclosure», la norma, contenuta nel testo della legge di stabilità, che prevede l’emersione, non solo di capitali nascosti all’estero, com’era già avvenuto l’anno scorso, ma anche in Italia. Di qui l’offensiva definizione di «norma Corona», coniata dalle opposizioni, con riferimento al caso del famoso fotografo da poco tornato in carcere dopo essere stato scoperto con oltre un milione di euro nascosti nel sottotetto della sua abitazione. L’inserimento della «disclosure» nella manovra di fine anno ha sollevato anche qualche mormorio da parte dei tecnici del Tesoro: non essendo così facile calcolare l’ammontare dei capitali in nero per i quali sarà possibile chiedere la l’emersione, i numeri restano ballerini, alla vigilia, tra l’altro, del primo esame che la Commissione europea si accinge a fare, dopo aver detto e ripetuto che l’Italia non può chiedere ulteriori forme di flessibilità.
Ma il punto è che, «voluntary» o «norma Corona» che dir si voglia, alle dure reazioni di centrodestra e 5 Stelle ieri s’è aggiunta la voce dei bersaniani, che della precedente legge di bilancio non avevano gradito l’innalzamento del tetto per i pagamenti in contante e, sulla stessa linea, del testo predisposto da Padoan criticano il ricorso per il secondo anno consecutivo a un meccanismo che ai loro occhi riprende la tradizione italiana dei condoni, anche se prevede che chi fa emergere capitali in nero debba poi pagarci le tasse.
Così, mentre Renzi, con iniziative italiane e in missioni internazionali, come quella alla Casa Bianca per la cena con Obama, cerca di rafforzare la sua immagine e ottenere tutti gli appoggi possibili per la campagna per il «Si» al referendum, la minoranza del Pd lo attacca quotidianamente e, almeno per ciò che riguarda i bersaniani, si prepara a votare «No». La trattativa della commissione interna al partito che dovrebbe predisporre il progetto di modifica della legge elettorale langue. La sensazione è che alla fine del lavoro, che non dovrebbe durare ancora molti giorni, si cercherà di mettere insieme un documento riguardante i punti più controversi dell’Italicum, ma non una vera e propria proposta da presentare in Parlamento. Sarà quello il momento della verità per Cuperlo, chiamato a rappresentare la minoranza in commissione, dopo aver detto in direzione che se sarà costretto a votare «No» al referendum, contestualmente si dimetterà da deputato.