La Stampa 18.10.16
La Germania drogata di Hitler
Patria, partito e anfetamine
Norman Ohler rivela quanta parte avesse la chimica nel mito del vigore nazista
di Mirella Serri
Pezzi
di cuore, di fegato e di pancreas di maiale, arricchiti con estrogeni e
ormoni sintetici, furono frullati in unico composto. Il cocktail,
confezionato peraltro in pessime condizioni igieniche, finì in vena al
«paziente A» che accusava dissenteria, raffreddore, crampi intestinali:
nell’agosto del 1941, nella Tana del Lupo nella buia foresta della
Prussia orientale, il malato Adolf Hitler aveva bisogno di recuperare
rapidamente le forze. Il composto funzionò, il Führer vispo e dinamico
balzò dal letto per concertare l’avanzata in Russia. Ma poi di quel
miscuglio dopante, progressivamente arricchito di circa ottanta sostanze
diverse, non ne poté più fare a meno e, sempre più dipendente, passò al
consumo dell’Eukodal, un derivato dell’oppio più potente della morfina e
dell’eroina.
L’artefice del benessere drogato del Cancelliere fu
il suo medico, Theodor Gilbert Morell: adesso, tramite i diari del
dottore ritrovati insieme a una serie di documenti rintracciati in
archivi tedeschi e americani, lo scrittore Norman Ohler ha ricostruito
l’appassionante vicenda dei Tossici. L’arma segreta del Reich. La droga
nella Germania nazista (Rizzoli pp. 383, € 22). Già, proprio così: non
solo il Capo tedesco fu addicted agli stupefacenti ma anche il suo
potente esercito. Come dimostra Ohler, a favorire, la conquista della
Polonia nel 1939 e la corsa trionfale dei panzer nel 1940 verso la
Francia non fu la fiducia nel superuomo germanico ma l’assunzione del
Pervitin. Oggi il preparato a base di metanfetamina è comunemente
chiamato «crystal meth» ed è considerato assai dannoso; allora lo
sperimentarono anche gli scrittori Heinrich Böll, Gottfried Benn, Klaus
Mann e Walter Benjamin. I soldati con la svastica dovettero il successo
alla magica pillolina distribuita in dosi massicce dai comandanti e che
permise loro di andare all’attacco senza mangiare né dormire per quattro
giorni e quattro notti. La Wehrmacht, annota il saggista, fu il primo
esercito al mondo a puntare su una droga chimica: in Germania in un
giorno si producevano 833 mila compresse, l’esercito e la Luftwaffe ne
richiesero in breve tempo 35 milioni di pezzi. Nel 1944, quando la
guerra chiaramente era persa, marina, aviazione e milizie di terra ne
ordinarono quattro milioni di confezioni
Nel Pervitin, però, come
in tutti gli stupefacenti, si nascondeva una trappola micidiale: gli
effetti si avvertirono durante le campagne di Russia e d’Africa quando i
soldati del Reich furono affetti da psicosi, forme incontrollate di
eccitazione, perdita delle forze. Anche Hitler non ne venne risparmiato:
prendeva cento-centocinquanta pasticche alla settimana accompagnate da
otto o dieci iniezioni di Eukodal, e subì i pesanti contraccolpi della
sua dipendenza. Dopo il fallito attentato di von Stauffenberg che,
facendo scoppiare una bomba, gli perforò un timpano, cominciò a sniffare
cocaina. Il cumulo di quegli eccitanti lo ridusse a una larva
perennemente insonne, con le mani mosse da un tremito incontrollato e la
bava alla bocca. La somministrazione delle medicine al Führer venne
registrata giorno per giorno e ora per ora da Morrell il quale ci
illumina così sulla dinamica di tante scelte militari e politiche.
Joseph
Goebbels, per esempio, due giorni dopo l’8 settembre 1943 rilevava che
il despota aveva dormito solo due ore a seguito dei drammatici
avvenimenti che avevano portato all’armistizio dell’Italia con gli
angloamericani. Eppure appariva fresco, di buon umore e riposato.
Successivamente anche altri ministri e generali furono contagiati dal
suo eccezionale ottimismo. Ugualmente entusiasti, nel drammatico autunno
del 1943, furono i giovani ufficiali che lo incontrarono a Breslavia,
esterrefatti dal suo pensiero così positivo. Si diffuse la convinzione
che Hitler era tanto allegro e forte proprio perché era in possesso di
un’arma miracolosa e segreta in grado di capovolgere le sorti dello
scontro mondiale. Cos’era accaduto? Il medico, soprannominato dal
morfinomane Hermann Göring «la prima siringa del Reich», aumentava
continuamente le dosi di Eukodal. Una notte di luglio del 1943 il
Cancelliere si svegliò piegato in due dai dolori. Non aveva digerito,
disse, gli involtini di spinaci e il formaggio della sera prima. Ma in
realtà era preoccupato da quello che lo aspettava: a Feltre il giorno
dopo doveva incontrare Mussolini che voleva sfilarsi dal conflitto dopo
lo sbarco degli Alleati in Sicilia. Morrell - che peraltro aveva «in
cura» anche il capo del governo italiano, Eva Braun, Leni Riefenstahl,
Goebbels e tanti altri - ancora una volta lo rimise in sesto. E gli
iniettò un altro sostegno per via intramuscolare poco prima della
partenza all’aeroporto.
Come riferiscono tutti i testimoni, Hitler
parlò per tre ore sovraeccitato mentre il leader del fascismo non
apriva bocca e riceveva i dispacci che lo informavano del bombardamento
su Roma. Alla fine il Duce, preso dalla stanchezza, cedette e Morrell
scrive: «Il Führer sta bene… e ha dichiarato che il merito è tutto mio».
Niente di più vero: la vicenda delle dittature e del secondo conflitto
mondiale interpretata nell’ottica del consumo delle droghe è tutta
un’altra storia. E chissà, forse, senza lo zelante dottor Morrell
l’Italia ce l’avrebbe fatta anche a uscire dalla guerra.