venerdì 28 ottobre 2016

Il Sole 28.10.16
Legge elettorale. Stretta nella «commissione» dem sull’accordo: possibile divorzio tra cuperliani e bersaniani sul referendum
Pd, primi sì a collegi e apparentamenti
Guerini: passi avanti sulle modifiche all’Italicum, documento la prossima settimana
Cuperlo in piazza domani
di Emilia Patta

Roma «Passi in avanti» e «clima di reciproche aperture». I dirigenti del Pd incaricati da Matteo Renzi di trovare un accordo sulle possibili modifiche all’Italicum, così come da mesi chiede la minoranza interna, sono tutti d’accordo: già la prossima settimana sarà possibile stendere nero su bianco in un documento, che potrebbe poi essere votato in direzione, il nuovo modello di legge elettorale da proporre in Parlamento a referendum costituzionale avvenuto. In modo da togliere dal tavolo della campagna referendaria l’ormai famoso “combinato disposto” tra Italicum e riforma del Senato.
Da una parte il vicesegretario Lorenzo Guerini, il presidente Matteo Orfini e i capigruppo Ettore Rosato e Luigi Zanda; dall’altra Gianni Cuperlo in rappresentanza di tutta la minoranza. Dopo una prima riunione servita a prendere contatto, ieri la “commissione” è entrata nel merito delle possibili modifiche. E il fatto che Cuperlo, dopo il tira e molla dei giorni scorsi, parteciperà alla manifestazione del Pd di domani a piazza del Popolo intitolata “Sì a un’Italia più forte e a un’Europa più giusta” è il segnale politico che l’accordo potrebbe davvero essere vicino. Con il possibile effetto, come sottolineava ieri la dalemiana Velina rossa mettendo in guardia Cuperlo, di dividere in due la minoranza: Pier Luigi Bersani e Roberto Speranza, che sembrano ormai aver imboccato la strada senza ritorno del No al referendum, e appunto Cuperlo con una pattuglia di parlamentari pronti a seguirlo sulla strada del Sì.
Nel merito si tratta sul modo in cui superare i capilista bloccati previsti dall’Italicum e sul meccanismo del ballottaggio nazionale tra le prime due liste che non raggiungano il 40%. La posizione del Pd è storicamente a favore dei collegi uninominali, ma saggezza impone di non insistere su questa strada dal momento che i collegi uninonimali sono da sempre invisi sia ai centristi di Angelino Alfano sia a Forza Italia. La possibile soluzione è quella proposta dal renziano Dario Parrini: collegi uninominali sì, ma con ripartizione proporzionale dei seggi come nel vecchio Provincellum. Ogni partito presenterebbe comunque un solo candidato per collegio salvaguardando il rapporto elettore-eletto. Quanto al ballottaggio, la richiesta della minoranza è di abolirlo, ma Renzi non sembra intenzionato ad esporsi così tanto ora, prima del referendum e prima della pronuncia della Consulta. Si pensa dunque a due possibili soluzioni per “ammorbidire” il meccanismo: la prima è permettere l’apparentamento tra liste tra il primo e secondo turno, vietato dall’Italicum e invece gradito sia alla minoranza del Pd sia agli alfaniani. Con l’apparentamento sarebbe possibile, dopo una prima conta al primo turno, costruire delle coalizioni in vista del ballottaggio. In cambio i centristi rinuncerebbero alle candidature plurime, ossia la possibilità per lo stesso candidato di presentarsi in più collegi. L’altra opzione è quella di prevedere un ballottaggio a tre, anche se in questo caso resta la possibilità che nessuno abbia la maggioranza. Ad ogni modo tecnicamente l’accordo è a un passo. Ma è chiaro che sulle spalle di Cuperlo pesa una scelta tutta politica.