il manifesto 13.10.16
L’osceno nascosto dalla guerra
di Tommaso Di Francesco
«Noi
addestriamo dei giovani a scaricare napalm sulla gente e i loro
comandanti non gli permettono di scrivere ‘cazzo’ sui loro
cacciabombardieri perché è osceno”: così parla nel finale di Apocalipse
Now il maggiore dei Berretti verdi Kurz (Marlon Brando). la frase
sintetizza bene l’attuale ipocrisia occidentale. Oscena dovrebbe essere
la guerra, ma indignano solo le parole, quelle del magnate isolazionista
Donald Trump, sessista e razzista, il peggio dell’America e forse
proprio per questo candidato repubblicano alle presidenziali Usa. Che
decidono il destino-declino americano, ridotto a scontro su infedeltà
coniugali contrapposte, che chiamano in causa anche le responsabilità di
Hillary Clinton, private e pubbliche.
Non ha indignato infatti
che i due si siano rincorsi a chi dava più ragione a Netanyahu su come
opprimere meglio i palestinesi. The Donald promettendo che con lui
presidente «Gerusalemme sarà capitale indivisa dello Stato d’Israele».
Un’altra bomba in Medio Oriente, come la dichiarazione di Clinton di
«non intromissione tra le parti» , mentre il governo israeliano estende
le colonie, l’Anp perde ogni autorità e la situazione nei Territori
occupati degenera.
Né è osceno che Trump riapra la partita nel
cortile di casa, dal muro anti-migranti con il Messico alla sospensione
degli accordi con Cuba, del resto mai definiti.
Né ripugna
l’allegro teatrino sulla Siria, con schieramento atlantico al completo
ad accusare solo la Russia di crimini di guerra per Aleppo. Ha
cominciato Obama, poi sul finire di un mandato inutile Ban Ki-moon,
subito Gentiloni si è accodato, poi è arrivato Hollande e ieri il
ministro degli esteri britannico Johnson, quello della Brexit. Ma voi
accettereste che un serial killer salga con autorevolezza sul banco
dell’accusa per denunciare un altro serial killer? Perché ci
dimentichiamo degli ospedali afghani, yemeniti e siriani colpiti dai
raid americani negli ultimi mesi?
Sono crimini di guerra anche
quelli, ma gli Usa si scusano, e basta. Certo, i raid aerei russi sono
criminali, vanno denunciati, perché si aprano corridoi umanitari per i
civili, perché fanno strage di inermi. Urge un cessate il fuoco,
implorato in queste ore dal papa che nel settembre 2013 impedì con la
preghiera del mondo un altro intervento americano. Mentre scriviamo
intanto si annuncia la ripresa del dialogo per sabato. Perché
l’obiettivo, almeno quello dichiarato non era forse quello di
sconfiggere lo Stato islamico che tiene in ostaggio – dell’espressione
scudi umani si è fatto spreco, ma ora non la dice nessuno – gli abitanti
della bella e martoriata Aleppo?
E’ così vero che lo stesso
inviato dell’Onu Staffan De Mistura ha invitato Al Nusra (Al Qaeda) ad
uscire da quell’assedio offrendosi di scortarne altrove i miliziani
qaedisti.Insomma, è osceno che nella fase attuale e in procinto delle
presidenziali Usa, sia sparito dall’agenda l’Isis. Probabilmente perché
emergerebbero le responsabilità occidentali e dell’Amministrazione Usa
che ha ereditato le devastazioni politiche delle guerre precedenti, di
Bush e di Bill Clinton, in Iraq e in Afghanistan, innestando nuove
avventure militari in Libia e poi in Siria.
Per entrambe Obama era
riottoso ma venne tirato dentro proprio dall’allora segretaria di
Stato, Hillary Clinton (non solo con le mail). Adesso Obama la
sponsorizza nei comizi, preoccupato del «mondezzaio Trump», ma solo a
marzo denunciava lo «spettacolo di merda» dato dagli Stati uniti con il
fallimento della guerra del 2011 che spodestò nel sangue Gheddafi.
Fatto
da non dimenticare la Russia è arrivata un anno fa nella crisi siriana a
togliere le castagne dal fuoco proprio agli Usa, impantanati in un
altro fallimento, con l’assenza di legami con l’opposizione armata che
volevano sostenere, l’ammissione di avere, più o meno consapevolmente,
sostenuto il jihadismo armato, in più con la delega sostanziale della
crisi all’alleata Turchia del Sultano Erdogan. Che intanto riprendeva la
strategia ottomana, sostenendo il jihadismo con armi e traffici di
petrolio e rioccupando parti dell’Iraq e della Siria. Tornò sulla scena
Putin, dopo l’abbattimento dellaereo civile russo, quasi d’accordo con
Obama, cominciando a coordinare le azioni militari sia con gli Usa e con
la Francia, che bombardava dopo gli attacchi terroristi sul suolo
francese.
Ora la Russia sembra al bando, Il Corriere della Sera
ieri apriva in modo poco veritiero con «Il clima di guerra in Russia,
incitata dal Cremlino a prepararsi allo scontro con l’Occidente», torna a
forza la semi-guerra fredda, un vintage destinato solo a peggiorare.
Putin torna, comem in Ucraina, a vestire i panni del nemico ritrovato.
Ripetiamolo:
i suoi bombardamenti sono criminali, com’è crimine di guerra colpire un
ospedale. Ma quanti ospedali hanno bombardato gli Stati uniti in
quest’ultimo periodo facendo stragi di civili? L’osceno della guerra
naturalmente è di parte. Mentre si nasconde che a far fallire la tregua –
difficile se non impossibile, basata sul riconoscimento sul campo di
chi era estremista e chi no – stabilita solennemente il 10 settembre da
Serghei Lavrov e John Kerry, è stato il bombardamento americano, «per
errore», del 17 settembre scorso di una caserma di Assad a Deir Er Zour,
assediata dai jihadisti, provocando la morte di 90 soldati siriani. Da
lì è apparso chiaro che la battaglia di Aleppo (con quella di Mosul in
Iraq e di Sirte in Libia che da agosto non cade) è entrata nella
campagna elettorale americana.
Chi vince d Aleppo ha vinto la
guerra, impossibile quindi subire la sconfitta e lasciare l’eredità di
uno smacco. La battaglia dunque deve oscenamente continuare, pur sapendo
che non ci sarà tavolo negoziale, perché l’opposizione «democratica»
non esiste e coordina il suo ruolo militare con i jihadisti e con Al
Nusra (ha cambiato nome ma è sempre affiliata ad al Qaeda). E nessuno
riesce ad immaginare di negoziare la pace con il peggiore jihadismo
armato. Ma lasciare alla Russia la patente di essere rimasta l’unica a
combattere davvero l’Isis può essere ancora più miope e pericoloso. Del
resto di questo approfitta Putin, che recupera economicamente il Sultano
Erdogan e mina l’alleanza militare occidentale con l’Egitto.
Di questo smacco Usa approfitta il ripugnante Trump per «tornar a fare grande l’America». Un caos osceno. Quello della guerra.