Corriere La Lettura 9.10.16
Possessione o psicosi? Ritornano gli esorcisti
Teologia Papa Francesco sottolinea che il diavolo agisce, ma i dubbi restano
di Andrea Nicolotti
La
morte di Gabriele Amorth, esorcista di fama internazionale, ha riacceso
i riflettori sul fenomeno della possessione diabolica. Secondo le
statistiche ogni anno in Italia mezzo milione di persone si rivolge a un
esorcista; fra queste il 65% è costituito di donne di livello culturale
medio-basso provenienti dalle regioni meridionali; infine, quasi la
metà di tutti gli esorcisti cattolici sono italiani. Emerge una realtà:
nella penisola il numero di coloro che ritengono di essere posseduti dal
demonio è particolarmente alto. Poiché il diavolo non dovrebbe avere
preferenze geografiche, giova domandarsi il perché di una tale
concentrazione: la risposta appare chiara non appena si sollevi la testa
dal contesto italiano e si esamini il fenomeno con uno sguardo globale.
Quasi ogni cultura, infatti, contempla l’idea della possessione, cioè
che qualcuno — un demonio, una divinità, uno spirito, un defunto — possa
invadere il corpo di una persona e assumerne il controllo. Diversa però
è l’identità che si attribuisce all’entità che possiede, la quale
rispecchia le credenze condivise dal gruppo di riferimento. Se nella
declinazione cristiana la possessione è sempre di natura maligna, in
altre religioni e culture può essere anche benigna, e in quanto tale
ricercata e ritualizzata, capace di assumere un valore positivo e a
volte terapeutico. È dunque più che naturale che nei Paesi cattolici la
possessione diabolica sia molto diffusa, in quanto è l’ambiente stesso a
favorire tale credenza.
Sul fatto che la possessione abbia
caratteristiche inquadrabili fra i disturbi di natura psicologica —
isteria, schizofrenia, epilessia, delirio, allucinazione, psicosi e
nevrosi — c’è ormai pieno accordo. La compresenza all’interno di un
individuo di distinte personalità che assumono alternativamente il
controllo del soggetto (i diavoli, in questo caso) è un caso classico di
disturbo da personalità multipla, che può associarsi a uno stato
alterato di coscienza. È un disturbo generalmente spiegato come
meccanismo di difesa messo in atto per rimuovere un disagio prodotto da
esperienze traumatiche del passato. L’accostamento fra possessione e
psichiatria non scandalizza più nessuno, dal momento che gli stessi
esorcisti cattolici oggi dichiarano che la quasi totalità dei sedicenti
indemoniati soffre in realtà di disturbi psichici. Tutto si gioca però
su quel quasi . Alcuni ritengono che la possessione diabolica, pur in
percentuale ridottissima, sia un fenomeno reale. Chi discerne allora fra
il disturbo psichico e quello satanico? L’esorcista stesso, con
risultati per forza di cose soggettivi e legati alle sensibilità
personali. E qui il discorso si complica, perché non tutti gli esorcisti
sono molto propensi a riconoscere lo zampino di Satana; nel 2001,
denunciava sdegnato lo stesso Amorth, su un centinaio di esorcisti
francesi solo cinque credevano al demonio e celebravano gli esorcismi.
La
Chiesa, a dire il vero, nel suo Rituale propone alcuni criteri per
riconoscere la presenza di un demonio: «Parlare correntemente lingue
sconosciute o capire chi le parla; rivelare cose occulte e lontane;
manifestare forze superiori all’età o alla condizione fisica»; e,
infine, mostrare avversione al sacro. Certuni chiamano in causa episodi
di preveggenza e psicocinesi. Ma l’interpretazione dei «segni» è
controversa: alcuni sono spiegabili anche in termini naturali, altri
sono rarissimi e mal documentati. Manca infatti una sistematica campagna
di osservazione controllata dei fenomeni, in genere riferiti in modo
aneddotico: sarebbe questo l’unico criterio oggettivo di verificabilità
capace di mettere al riparo da simulazioni involontarie (messe in atto
dai pazienti) e da interpretazioni personali dei fatti. Anche
l’eventuale efficacia terapeutica dell’esorcismo non può essere adottata
come criterio, in quanto potrebbe spiegarsi come il risultato di
autosuggestione o di effetto placebo: l’efficacia del rimedio sta nel
fatto che l’esorcismo, agli occhi di chi si sente indemoniato, può
sembrare l’unica terapia percorribile.
Il quadro teologico non è
meno complesso. La possessione presume la fede nell’esistenza dei demoni
come esseri personali e invisibili, a cui Dio permette di agire sugli
uomini fino al punto di impadronirsi dei loro corpi. Gesù stesso ha
compiuto esorcismi, e ciò sembrerebbe sufficiente a renderli un dato
intangibile per i cristiani; eppure diversi studiosi della Bibbia hanno
interpretato quegli episodi sotto una prospettiva diversa, attribuendo a
Gesù una errata percezione della realtà o una consapevole scelta di
adattarsi alle credenze e al linguaggio di chi lo circondava, pur senza
condividerli. D’altra parte nell’antichità anche ebrei e pagani
esorcizzavano come i cristiani, e stando ai racconti usavano il loro
carisma come strumento di propaganda: dunque come spiegare i successi
all’interno di gruppi religiosi in concorrenza fra loro?
Da allora
molte cose sono cambiate, anche fra i cristiani: fino a buona parte del
III secolo l’esorcismo non era riservato né ai sacerdoti né a un
particolare gruppo di operatori autorizzati, ma veniva praticato da
qualsiasi battezzato, senza distinzioni. A rileggere oggi certi racconti
di esorcismo, che nelle loro caratteristiche fondamentali si
ripropongono fino a tempi relativamente recenti, l’uomo moderno prova
una forte sensazione di sconcerto e di rifiuto.
Nel secolo scorso,
prima in ambiente protestante e poi, dopo il Concilio Vaticano II,
anche in quello cattolico, diversi teologi hanno tentato di rivedere la
demonologia tradizionale, reinterpretando il diavolo come simbolo o
metafora del male operante nel mondo. Ad altri ciò è sembrato un
temerario rifiuto dell’autorità delle Sacre Scritture e della
Tradizione. Qualcosa è certamente mutato: guardando alla riforma dei
testi liturgici della Chiesa cattolica latina, non si può non notare
quanto essa abbia ridotto al minimo la presenza del tema demonologico.
Il rito dell’iniziazione cristiana in vigore dal 1969 ha eliminato,
sfumato e ammorbidito i molti riferimenti al diavolo, rinunciando alla
forza drammatica e realistica degli antichi esorcismi battesimali. Il
nuovo rituale degli esorcismi, pubblicato nel 1999, ha riformato
pesantemente il vecchio formulario dell’VIII secolo, sfrondandolo di
quasi tutti gli scongiuri imperativi. Le nuove disposizioni, poi,
vietano di compiere esorcismi diagnostici (riguardanti casi incerti) e
impediscono di esorcizzare chi asserisce di essere vittima di maleficio:
«Un incredibile legaccio che rischia di impedirci di operare contro il
demonio», aveva commentato Amorth. Ecco perché molti esorcisti hanno
respinto l’innovazione e continuano a usare il vecchio rituale.
Papa
Francesco sul tema demonologico ha rifiutato ogni lettura
relativizzante: «Hanno fatto credere che il diavolo fosse un mito, una
figura, un’idea, l’idea del male. Ma il diavolo esiste e noi dobbiamo
lottare contro di lui». E parlando degli esorcismi di Gesù ha affermato:
«È vero che in quel tempo si poteva confondere un’epilessia con la
possessione del demonio; ma è anche vero che c’era il demonio! E noi non
abbiamo diritto di fare tanto semplice la cosa». Un’esplicita presa di
posizione: in questo, almeno, non si attirerà gli strali dei
tradizionalisti.