Corriere La Lettura 9.10.16
Lo sdoganamento di Satana
Dalla Polonia al Bataclan, invocare Lucifero sta diventando normale
Gli adoratori del demonio hanno aperto un tempio a Salem dove una volta s’impiccavano le streghe
Il loro obiettivo è essere riconosciuti e legittimati come ogni altra religione
di Marco Ventura
Una
tipica casa vittoriana di Salem, nella contea di Essex, sulla baia del
Massachusetts. Tetto scuro a punta, pareti d’assi orizzontali in legno
bianco, portico con colonne. Sul cartello nero, la scritta «The Satanic
Temple». Il Tempio di Satana. È qui il quartier generale mondiale di
un’organizzazione che vanta 40 mila aderenti nei soli Stati Uniti, la
maggior parte a Detroit. Appena inaugurato. Per chi subisce il fascino
del diavolo, per chi è contro la religione dei più, Salem è la città
giusta. La sede del Tempio di Satana si trova a un chilometro da Gallows
Hill, dove a fine Seicento morirono sul patibolo in 19, i più
sfortunati tra i quasi 300 inquisiti e imprigionati per stregoneria.
Nella Salem puritana della caccia alle streghe, dove apparivano ancora
impensabili l’Illuminismo, le rivoluzioni francese e americana, la
tolleranza e la libertà, il diavolo era il nemico della comunità e se ne
sapeva riconoscere la presenza.
Ereditava un lungo passato, la
gente di Salem che trascinava gli amanti del demonio sulla collina del
patibolo. Per secoli di storia cristiana, gli adoratori di Satana sono
stati l’antitesi del credente. Il diavolo combattuto dai cristiani
riassumeva in sé tutte le divinità nemiche dell’unico vero Dio. Gli
idoli dei popoli nemici di Israele, il vitello d’oro degli Ebrei
fedifraghi, il culto dell’imperatore di Roma, le statuine sugli altari
privati dei Romani, le divinità naturali di Britanni e Germani.
Sbaragliati i quali, l’Inquisizione aveva ritrovato il nemico di sempre
in eretici e streghe: diverse le forme d’espressione, identica
l’impronta della Bestia.
Nel lungo percorso verso la tolleranza,
la mappa era ancora cambiata. Il diavolo papista e il satana luterano
erano divenuti, l’uno per l’altro, sempre meno diabolici. Poco a poco, i
cristiani avevano smesso di vedere lo zampino del demonio nelle
difformi dottrine di altri battezzati. Satana si spostava nei territori
di missione, nelle colonie. Uscito dal corpo di cattolici e luterani,
era entrato nelle statue dei templi taoisti e nel ghigno rosso fuoco di
una delle tante facce del Buddha; nelle maschere ancestrali del Congo e
nell’inferno del Punjab; nelle possessioni degli schiavi neri di Bahia.
Lo riconoscevamo, sempre spaventoso, sempre temibile, in quelle nuove
forme. Sono diavoli dalla pelle scura, sulla stampa britannica, gli
indiani che ammazzano migliaia di inglesi nell’ammutinamento del 1857.
Pensavamo che grazie a noi, alla nostra civilizzazione, anche i popoli
del mondo potessero riconoscere la potenza diabolica, abbandonare la
superstizione e abbracciare la nostra fede nell’unico Dio. Invece no.
Proprio allora, quando tutto sembrava di nuovo chiaro, il diavolo si
rimetteva in viaggio. Per tenere le colonie, gli occidentali imparavano
ad accettare le braccia di Kali e il sorriso del Bodhisattva, a leggere i
Veda e la Gita. Ne beneficiò Gandhi, che a Londra comprese la religione
dell’India e incontrò il nuovo avatar di Satana: sul marciapiede di una
stazione, quel giorno di gennaio del 1891, quando vide un sacerdote
aggredito da militanti atei.
Dall’altra parte dell’Atlantico era
appena stata costruita la casa di Salem in cui oggi ha sede il Satanic
Temple; dopo due anni, a Chicago, si sarebbe riunito per la prima volta
il Parlamento mondiale delle religioni. A Gandhi il diavolo era sembrato
farsi ateo, ma durante la lotta moderna tra i credenti e i materialisti
il principe delle tenebre parve piuttosto eclissarsi. Se era morto Dio,
perché non sarebbe dovuto morire il suo Nemico? Poi vennero Khomeini e
Wojtyla, i mujaheddin pagati dai protestanti americani cacciarono i
sovietici. Tirammo giù il muro; e dietro le macerie c’era lui.
Fin
dagli anni Sessanta il diavolo era apparso anzitutto ai cristiani che
ritrovavano la fede antica e popolare, spronati dall’energia
carismatica. Per tanti nuovi battezzati il demonio non apparteneva più a
una religiosità negativa e isterica, da riscattare nella modernità
cristiana positiva e razionale. L’inferno esisteva davvero, e non era
certo vuoto. Il ritorno del diavolo divise i cristiani buoni da quelli
che militavano per i diritti gay, le donne prete e il dialogo ecumenico,
quelli che facevano guerra alla verità e al matrimonio, quelli,
appunto, che non credevano più a Belzebù, agli inferi, all’Apocalisse.
Il ritorno del diavolo, tuttavia, fu molto più ampio. Fiorì l’interesse
per il demonio di teologi e letterati. Sadik al-Azm scrisse fin da metà
anni Sessanta che il rinnovamento religioso islamico dipendeva da una
rilettura del rapporto tra Satana e Allah basata su fonti sufi. Salman
Rushdie pubblicò i suoi dirompenti Versi satanici . Vi fu poi la
protesta generazionale di chi percorreva all’inverso le scale verso il
paradiso dei Led Zeppelin, ascoltava i Black Sabbath, simpatizzava con
il diavolo dei Rolling Stones. Crebbe inoltre il pubblico interessato
all’occultismo e alla magia. Per l’opinione pubblica tutto si esauriva
nel settarismo satanista, nei suoi riti blasfemi e nei suoi atti
criminali. Eppure le sette sataniche erano solo un pezzetto di un
fenomeno molto più grande.
L’occasione per comprenderlo capita il
13 novembre 2007. Al club Ucho di Gdynia, a nord di Danzica, si
esibiscono i Behemoth, band metal polacca affascinata dal diavolo. Il
leader Adam Darski, noto come Nergal, canta il suo pezzo più celebre,
Lucifero , poi straccia una Bibbia e ne getta frammenti al pubblico. È
un libro di bugie, grida, è sterco, ipocrisia, la Chiesa cattolica è la
religione più assassina del pianeta. Ne nasce un caso che tiene occupati
i giudici polacchi fino al 2012, quando la Corte suprema risparmia la
condanna a Darski per ragioni procedurali. Non è un caso eccentrico,
isolato. Come tanti altri, Nergal usa il diavolo per aggredire il
cattolicesimo nazionalista e conservatore. E usa la denuncia del
cattolicesimo retrivo di Radio Maryja e dei fratelli Kaczynski per
costruire intorno al diavolo un credo polimorfo. C’è identità,
visibilità mediatica, politica, commercio. C’è il collegamento con pezzi
di società. C’è la resistenza in tribunale che si tramuta in indiretto
riconoscimento.
Stentiamo a crederci, ma è proprio così. Stanno
diventando una religione i seguaci del demonio. Imparano da chi negli
ultimi decenni ha fatto la stessa strada: da chi era un’associazione
criminale, e poi non riconosciuta, e gode ora dello statuto di
religione. Come i mormoni, i testimoni di Geova, i seguaci di
Scientology e, quasi quasi, gli atei. Come il movimento Wicca dei
neo-pagani e delle neo-streghe. Anche il satanismo sta diventando una
delle tante religioni organizzate che lottano per la propria
legittimità, e persino per il proprio diritto a essere eguali alle
altre. La società è propizia. I satanisti organizzati seguono il flusso
della corrente che porta al mare sempre più vasto delle organizzazioni
di religione o di credo. Mitigano gli eccessi, si mostrano socialmente
impegnati, propugnano il dialogo, curano la comunicazione, proclamano i
diritti dell’uomo, si compromettono col mercato. Cambia di conseguenza
la percezione della dimensione criminale del fenomeno satanico. Non c’è
differenza, per il giudice, tra il bambino di Satana che stupra
un’adolescente e un prete reo di pedofilia. Per i gruppi satanici, come
per la Chiesa di Scientology e la Santa Sede, l’importante non è non
delinquere, in ogni organizzazione c’è un delinquente, ma è schivare
l’accusa di associazione a delinquere.
Il Tempio satanico di
Salem, come gran parte del satanismo americano rifugiatosi sotto
l’ombrello della libertà religiosa, è l’esempio perfetto. I cittadini di
Salem non hanno niente da temere, sostengono i rappresentanti «della
maggiore organizzazione satanista al mondo», hanno anzitutto da
guadagnare da un’associazione di gente onesta, dedita all’interesse
sociale, all’emancipazione dall’oscurantismo, alla libertà individuale,
al pluralismo e al progresso. La corrente trascina i gruppi satanici
verso il mare della religione.
Adorare il diavolo può catalizzare
significati diversissimi, e al contempo avere senso per molti. La prova
più significativa, e più drammatica, viene la notte del 13 novembre
2015. Al Bataclan di Parigi, la nostra migliore gioventù canta «bacia il
diavolo» in un gesto di libertà, di evasione, di sfogo, di energia, e
viene ammazzata dalla peggiore gioventù islamica, nichilista e omicida,
persuasa che non meriti altro chi inneggia a Satana. Si è capovolto
l’ordine di un tempo. Il Tempio del Massachusetts non è un’americanata,
Salem e Parigi sono connesse. Si è allargato il mare delle religioni e
del credere: c’è spazio per tutti, e per ogni contraddizione; per far
festa col diavolo, e per morirne. Parigi e Salem si chiamano. Anche in
Europa, tra pochi giorni, si celebra Halloween. A Salem si preparano le
zucche: in 250 mila visiteranno la città dove per il diavolo si finiva
impiccati.