Corriere La Lettura 2.10.16
La fisica è vera e (ma sì, dai...) bella
di Edoardo Boncilelli
«Possiamo
dire che il mondo incarna idee bellissime?» si chiede il fisico Frank
Wilczek nel suo libro Una bellissima domanda (traduzione di Simonetta
Frediani, Einaudi), recensito da Stefano Gattei su «la Lettura» del 7
agosto. Vale la pena tornare su quel testo e ripartire proprio da qui,
perché lo scienziato risponde con un entusiastico «sì», e s’impegna a
dimostrarcelo. È qualche tempo che vari autori tirano in ballo il
concetto di bellezza nell’intento di «piazzare» meglio le loro
considerazioni sulla matematica oppure sulla fisica e i suoi progressi.
Non mi è molto chiaro perché. Perché mai insistere su un’istanza
irrazionale e soggettiva come la bellezza, che nessuno sa bene cosa sia,
né che fondamento abbia il suo apprezzamento, piuttosto che su punti
fermi razionali e logici, comunque entusiasmanti?
Ciò è dovuto
probabilmente alla percezione che hanno i vari autori del clima
culturale vigente, più inclinato a cogliere il bello che il vero .
Perché apparentemente più facile e certo più inebriante, almeno sulla
carta. Dato però che definire che cosa è bello non è più semplice di
definire che cosa è vero, non comprendo il guadagno procurato
dall’intera operazione. E secondariamente ho un sospetto: non è per caso
che lo scienziato di oggi soffra di un complesso di inferiorità, e
cerchi di nobilitarsi «vendendo», se non «svendendo», il risultato del
suo lavoro come una ricerca, necessariamente metafisica, della bellezza,
dando per scontato che le scienze umane godano di un prestigio
superiore a quelle naturali?
Questo discorso cade proprio a
proposito dell’affascinante libro di Frank Wilczek (Mineola, Usa, 1951,
Nobel per la Fisica nel 2004), uno dei giganti della fisica d’oggi, e
indagatore di lusso delle sue più riposte implicazioni, che da qualche
anno ha iniziato a divulgare. Ha scritto articoli stupendi e molto
profondi e qualche libro (veramente eccezionale è la sua riflessione
sulla natura della massa, un parametro tanto solido quanto … sfuggente,
altro che materialismo!). Non sorprende quindi che si conceda adesso una
sorta di vacanza, un excursus nella storia della fisica alla ricerca
della bellezza del cosmo e nel cosmo. Ma nessuno si lasci ingannare. Si
tratta sempre di un grande fisico contemporaneo, innamorato della sua
materia e desideroso di condividere con tutti noi questo suo amore. Che
la chiami bellezza oppure fisica, parla sempre della stessa cosa: quello
che noi scopriamo via via nella trama profonda dell’universo, che per
qualcuno è stato creato, e per altri, compreso me, si presenta come
un’epifania dell’ordine intelligibile, senza padri né contributi
malcelati di progettualità superiori.
L’esposizione dell’autore
procede secondo due linee essenziali: la scoperta della bellezza del
cosmo e lo sviluppo del metodo scientifico che ci ha permesso di
contemplare tutto questo. Facendo convergere le due linee qualcuno
potrebbe anche concluderne che la bellezza sta nel metodo…
Per
quanto riguarda la bellezza, Wilczek afferma che «due sono le
caratteristiche dello stile artistico della Natura: la simmetria, ovvero
l’amore per l’armonia, l’equilibrio e la proporzione; l’economia,
ovvero la soddisfazione di produrre una grande abbondanza di effetti con
mezzi molto limitati. Fate attenzione a questi due temi, che compaiono
più e più volte, crescono e si sviluppano nel corso della narrazione e
le danno unità».
Non c’è dubbio che il lettore verificherà di
persona quanto l’autore dice della sua opera ma non c’è neppure dubbio
che queste due non siano le uniche caratteristiche del concetto di
bellezza, almeno come la intendiamo nella vita di tutti i giorni. Si
tratta qui piuttosto di una bellezza di struttura unita a una di
funzione e di spiegazione: in una parola, la bellezza propria della
scienza e del suo cammino storico, con gli avanzamenti della scienza
contemporanea in prima fila.
Per quanto riguarda il metodo, stiamo
parlando ovviamente del metodo sperimentale, integrato da quello che
Newton definì «metodo di analisi e sintesi». Nella fase di analisi
occorre cercare le parti più piccole che costituiscono un fenomeno e il
cui comportamento può spiegarne l’evoluzione. Queste parti più piccole
possono essere ovviamente di varia natura, a seconda del fenomeno che si
sta studiando. La grande abilità, e creatività, dello scienziato sta
nell’individuare di volta in volta quale deve essere il livello di
queste parti elementari. Nella fase di sintesi, occorre poi risalire,
utilizzando il ragionamento logico e le armi della matematica, dal
comportamento delle singole parti elementari alla descrizione dei
fenomeni più complessi in oggetto. Newton aggiungeva però da parte sua
che «è meglio fare poco con certezza, e lasciare il resto ad altri che
verranno dopo di te, che spiegare ogni cosa basandosi su congetture
senza essere certi di nulla». La Natura stessa procede per Newton
attraverso cicli di analisi e sintesi. O almeno a noi così pare.
Tutto
questo viene illustrato con esempi e racconti di quello che è stato il
cammino storico della ricerca della natura delle cose. Si parte da
Pitagora, poi Galileo, Newton (come scopritore della legge di
gravitazione universale e come studioso abbacinato e abbacinante delle
meraviglie della luce), James Clerk Maxwell, Emmy Noether, grande
teorica della simmetria e delle associate relazioni di conservazione,
infine Einstein e la fisica delle particelle degli ultimi anni, campo
nel quale Wilczek ovviamente eccelle, fino a Susy , la teoria della
supersimmetria. Per non parlare dell’astrofisica e della cosmologia di
oggi, vero campo di investigazioni e speculazioni autenticamente
celesti. Il tutto è completato da un poderoso glossario che non dovrebbe
mai mancare in opere del genere.
«Un’ultima coppia complementare
conclude la nostra riflessione: bellezza e bruttezza. Il mondo fisico
incarna la bellezza. Il mondo fisico ospita lo squallore, la sofferenza e
il conflitto. In nessuno dei due ambiti dovremmo dimenticare l’altro».
Questa la profonda conclusione dell’autore, che poco sopra si era
congedato da noi con una battuta fulminante del conduttore televisivo
Jean Shepherd: « In God we trust . A Dio diamo credito, tutti gli altri
paghino in contanti».
I fisici, si sa, amano sempre scherzare.