Corriere 29.10.16
Il Papa, Lutero e il valore di una grande riconciliazione
di Gian Guido Vecchi
«Non
si può essere cattolici e settari. Bisogna tendere a stare insieme agli
altri». Le parole di Francesco alla Civiltà Cattolica, alla vigilia del
viaggio in Svezia, suonano anche come una risposta a dubbi e polemiche
che accompagnano da mesi, in una parte della Chiesa, l’annuncio della
sua presenza alla «commemorazione» della Riforma. Lunedì saranno passati
500 anni da quando Martin Lutero, il 31 ottobre 1517, affisse le 95
tesi sul portale della chiesa di Wittenberg. Sarà «un momento storico,
una pietra miliare nel cammino della riconciliazione», ha detto il
Segretario di Stato Pietro Parolin. In effetti è la prima volta in
cinque secoli che un centenario non viene ricordato «in uno spirito di
scontro» ed anzi vedrà assieme il Papa e i vertici protestanti. Un
frutto del Concilio ancora difficile da digerire, per chi non sente
rimarginata la ferita inferta dallo «scismatico» Lutero. «Non c’è niente
da festeggiare», ha tagliato corto il cardinale Gerhard Müller,
prefetto dell’ex Sant’Uffizio. Attenzione alle date, però. Il momento
drammatico dello scisma è nelle parole del monaco agostiniano alla dieta
di Worms, 18 aprile 1521, davanti all’imperatore Carlo V: «Qui sto. Non
posso fare altrimenti. Che Dio Mi aiuti. Amen». Infatti Francesco fa
notare che «all’inizio quello di Lutero era un gesto di riforma in un
momento difficile per la Chiesa», poi degenerato anche per «situazioni
politiche». Al gesuita svedese Ulf Jonsson, che chiede cosa si possa
imparare dalla tradizione luterana, risponde: «La Scrittura», perché
«Lutero ha fatto un grande passo per mettere la Parola di Dio nelle mani
del popolo», e quella «riforma» sempre necessaria per la Chiesa. Di là
dalle dispute teologiche, l’essenziale è guardare avanti e camminare
insieme, «la preghiera comune, l’aiuto agli ammalati, ai poveri, ai
carcerati».