Corriere 28.10.16
Il Grande fratello cinese per dividere buoni e cattivi
Anche i privati come Jack Ma aderiscono alla schedatura di massa
di Guido Santevecchi
PECHINO
Il Bureau per la sicurezza nazionale cinese ha una visione: raccogliere
in un database tutte le azioni dei singoli cittadini e delle aziende
per costituire un sistema di «credito sociale». Si tratta di utilizzare
ogni informazione disponibile e ogni traccia lasciata su Internet per
valutare l’onestà delle persone, dando un punteggio, un voto sulla loro
affidabilità.
In molti Paesi democratici l’archiviazione
informatica delle attività dei cittadini è ormai accettata: sembra
giusto, nonostante il diritto alla privacy, poter incrociare i dati
fiscali per accertare se un singolo paga le tasse o valutare se saprà
saldare i conti della carta di credito. Ma con i precedenti in fatto di
diritti civili e umani della Cina qualche sospetto viene sul fatto che
il governo voglia creare un sistema onnipotente di sorveglianza
setacciando il web. Con oltre 700 milioni di persone collegate ogni
giorno a Internet in Cina, è evidente che si può creare un enorme
archivio di Big Data.
Il progetto «credito sociale» è stato
pubblicato l’anno scorso in un documento del governo centrale, con
l’obiettivo di metterlo in pratica entro il 2020. I contorni non erano
stati chiariti, ma ora c’è un fatto concreto: i sei grandi operatori
privati del web cinese hanno stretto un accordo per condividere con le
agenzie governative i dati in loro possesso, al fine di eliminare dalla
Rete «le finte informazioni». Hanno accettato di appoggiare il progetto
«credito sociale» Alibaba re globalizzato dell’ecommerce, i suoi
concorrenti interni JD Com e 58.com; Tencent che domina il mercato della
messaggistica in Cina; Baidu, il motore di ricerca online; anche Didi
Chuxing, la piattaforma per la chiamata dei taxi via app su smartphone
che ha appena inglobato Uber China. Il patto prevede di denunciare i
casi di false recensioni sui servizi online, da quelle dei ristoranti,
alberghi e vendite di prodotti magari contraffatti a quelle dei taxi.
Sembra
una decisione di buon senso. Ma il dubbio resta. Alimentato dalle
dichiarazioni del compagno Zhou Min, vicedirettore della potente
Commissione nazionale per lo sviluppo e la riforma, che ha presentato
l’accordo come «la chiave di volta per mettere in una lista nera chi non
merita fiducia». Il più entusiasta tra i sostenitori privati sembra
Jack Ma, profeta dell’ecommerce: «I cattivi in un film sono
identificabili a prima vista, ma come si possono scovare nella vita
reale?». Risposta: nell’era dei Big Data basta farne un pieno uso per
combattere il crimine. «Il sistema legale e di sicurezza nel futuro non
potranno essere separati da Internet e dai suoi Big Data».
Il
fondatore di Alibaba ha ricordato come nella città di Hangzhou, dove
sorge il suo quartier generale, il numero delle telecamere di
sorveglianza sorpassa quello di New York. La mente umana non è in grado
di gestire l’enorme massa di dati in Rete, ma l’Intelligenza artificiale
sì, ha concluso. A chi lo accusa di essere troppo vicino alle stanze
del potere comunista, il miliardario ha sempre risposto che la sua linea
è di innamorarsi del governo, senza mai sposarlo.
Con
l’assistenza dei gruppi privati il governo cinese può cominciare il
piano per costituire una «cultura della sincerità in una società
socialista armoniosa» (è una frase del presidente Xi Jinping). Una
società fondata sui Big Data del web, che premia i buoni e punisce i
cattivi comportamenti, dove il partito comunista è il giudice, aiutato
dall’intelligenza artificiale.