sabato 22 ottobre 2016

Corriere 22.10.16
Il No a quota 54% E il Sì prevale solo tra gli over 65
Favorevoli al 46%, prevalgono tra i laureati. Quattro italiani su 10 pensano di non votare
di Luca Comodo

Sono 8 i punti che dividono il No dal Sì nel più recente sondaggio Ipsos: i contrari alla riforma costituzionale voluta dal governo Renzi sono il 54% contro un 46 di favorevoli. I giovani trainano il No (anche se il disinteresse tra loro è alto e il 49% vorrebbe astenersi) mentre il Sì prevale solo tra le persone sopra i 65 anni.
La campagna referendaria sta oramai entrando nel vivo. Tuttavia gli elettori sono ancora solo parzialmente coinvolti. Il tasso di mobilitazione infatti tende a salire rispetto alla rilevazione più recente, ma si attesta al 58% circa, un dato rilevato già nello scorso luglio. L’incertezza tra il Sì e il No è oggi pari all’8%. Infine tra chi si esprime, il 22,4% si orienta sul Sì, il 26,8% si orienta per il No. Se si considera soltanto chi ha già deciso il 54% è per il No e il 46% a favore. Lo scarto non è ancora sufficiente per decretare una vittoria. Intanto per le dimensioni dell’indecisione. Poi per la presenza di una vastissima area che oggi non intende votare ma che potrebbe decidere per la partecipazione. Infine anche dal punto di vista statistico, per l’errore campionario, i risultati potrebbero essere invertiti.
Tuttavia è piuttosto evidente che il dibattito finora sviluppatosi tende a premiare il No. Quando ancora non si parlava davvero del tema, agli inizi dell’anno, il Sì prevaleva nettamente (57%), in un elettorato però assai poco mobilitato. Agli inizi della campagna vera e propria, a luglio, il Sì era ancora in testa (51%), ma di un soffio, mentre l’elettorato dava segnali di mobilitazione. Ai primi di questo mese il No compiva il sorpasso (52%) ma il Sì rimaneva a un’incollatura. Oggi la distanza si amplia a favore del No (54%).
All’interno dei diversi elettorati si manifestano apprezzabili differenze. Intanto dal punto di vista della propensione a partecipare. Scarsa la mobilitazione giovanile: il 49% intenderebbe al momento astenersi. Importanti le differenze per livello di scolarizzazione: se tra i laureati la propensione a partecipare è massima (33%), essa crolla ai minimi tra chi ha un titolo di studio elementare.
Dal punto di vista delle professioni i più mobilitati sono i ceti elevati (68%), una buona propensione a partecipare si registra anche tra i pensionati, mentre è decisamente bassa tra le casalinghe (47%).
Sembra quindi che per ora l’interesse per la consultazione sia maggiore tra i ceti medio alti, più professionalizzati e scolarizzati. È d’altronde sempre così, si tratta dei segmenti sociali normalmente più informati. È interessante osservare che l’area della sinistra e del centrosinistra è molto coinvolta e mobilitata: qui la propensione a partecipare raggiunge infatti i valori massimi, con il centro che insegue. Sembra quindi che si tratti, almeno in parte, di una partita «interna» a un’area politica.
Invece dal punto di vista delle intenzioni di voto, il No è maggioritario in tutte le classi di età, tranne che negli ultrasessantacinquenni. Occorre ricordare che questa è la classe di età in cui si massimizza il voto al Pd. Fortemente per il Sì gli scolarizzati: tra i laureati infatti l’accordo con la riforma arriva al 33%. Dato che non basta naturalmente a compensare la propensione per il No dei meno scolarizzati. I laureati in Italia sono pochi. Il Sì prevale tra i pensionati e rimane maggioritario tra i ceti elevati (30%). Sono i ceti meno difesi e più colpiti dalla crisi a votare No. Operai e disoccupati si schierano infatti massicciamente contro la riforma (33 e 31%), seguiti dagli studenti.
I cattolici osservanti, che vanno a messa tutte le settimane, si schierano per il Sì (e d’altronde alcune organizzazioni si sono apertamente espresse in questo senso), a differenza dei saltuari e dei non credenti. Infine, fortissime le differenze nei segmenti politici: la sinistra massicciamente orientata per il No, il centrosinistra (e il centro) orientati per il Sì. Anche in questo caso si nota che nel centrodestra permane una quota consistente di elettori intenzionata ad approvare la riforma.
Questo ultimo mese sembra quindi aver favorito il No. Che è alimentato anche da un orientamento al voto contro (un segnale importante di questo atteggiamento è la recente intervista di Mario Monti), non relativo ai contenuti della riforma ma a motivazioni politiche. Insieme a questo le non rosee condizioni economiche del Paese hanno favorito il crescere di un sentimento di disagio, quando non di rabbia, che ostacola il Sì. Infine la campagna di chi sostiene la legge sembra troppo concentrata su Renzi, favorendo ancora l’idea che il referendum sia politico.
I giochi però non sono fatti definitivamente. Sia per le dimensioni dell’incertezza, sia per il possibile rientro degli attuali astensionisti, sia perché la discussione sui contenuti sta cominciando diffusamente solo ora.
direttore Ricerche politiche Ipsos