Corriere 16.10.16
Cubismo o fase «surrealista» Indagine su un rivoluzionario
di Chiara Vanzetto
Sei sezioni per ripercorrere una inesausta anarchia compositiva
«L’arte
non è l’applicazione di un canone di bellezza, ma ciò che l’istinto e
il cervello elaborano dietro ogni canone» diceva Pablo Picasso. Istinto e
cervello, passione e ragione: il maestro spagnolo, classe 1883, ha
intrecciato questa doppia visione in infinite soluzioni creative,
personalità tanto poliedrica e vitale da rivelare sempre aspetti
inediti.
Benvenuta quindi la nuova mostra Picasso. Figure
(1906-1971) , appena aperta all’Arena Museo Opera (A.M.O.) di Verona a
cura di Emilie Bouvard, conservatrice del Musée national Picasso —
Parigi che ha concesso in prestito i capolavori esposti.
Organizzata
da Arthemisia Group, la rassegna propone un viaggio lungo l’itinerario
creativo picassiano tra 1906, data convenzionale per la nascita del
primo Cubismo, e 1971, ultime produzioni di Picasso, mancato nel 1972.
La
scommessa? Esporre almeno un’opera per ognuno di questi anni: scommessa
vinta, novanta i pezzi eccellenti tra dipinti, sculture e grafiche,
integrati da foto e filmati. Il taglio? Raccontare le trasformazioni a
cui Picasso ha sottoposto la figura umana, scardinata e ricomposta più
volte durante le molte fasi creative.
Importante in questo senso
il trasferimento in Francia. «Giunto dalla Spagna nel 1900 carico di
cultura accademica, a Parigi trova un mondo molto diverso, dove la
pittura può confrontarsi con la realtà e con il corpo, esaltato dall’Art
Nouveau — spiega in catalogo Macha Paquis —. Influenzato dal lavoro
degli autori dell’Ottocento, Picasso può avventurarsi alla scoperta di
un nuovo tipo di rappresentazione: inizia a far posare le modelle e a
catturarne le immagini da diversi punti di vista».
Ma anche la
cosiddetta traccia accademica in Picasso diventa spunto di novità.
«Sarebbe arrivato alla scomposizione cubista anche grazie
all’applicazione di schemi proporzionali la cui funzione è, in origine,
la creazione di figure armoniose — osserva nel suo saggio Hiromi Matsui
—. Questi schemi, che dovrebbero sparire nell’opera finita, qui invece
affiorano e alterano le forme in senso geometrico».
La mostra si
articola in sei sezioni. In primis il Cubismo, 1906-‘16 , arte
concettuale in cui non si riproduce la natura come è ma come si presenta
alla nostra mente: nell’ Uomo col mandolino si intravvedono solo tracce
di realtà, anche se Picasso non raggiunge mai l’astrazione totale.
Si
passa, nel periodo che abbraccia l’arco temporale 1917-‘24, alla
reinvenzione della classicità, scoperta grazie ad un viaggio a Roma: La
Prima comunione propone figure plastiche che sembrano ispirate ad
un’estetica antica.
Poi le metamorfosi surrealiste, anni 1925-’36:
il contatto col Surrealismo suggerisce maggior libertà nella
deformazione del ritratto, come in Donna con gorgiera , fisionomia
sconvolta e aggressiva. Quarta sezione, guerra civile spagnola,
1937-’45: nella Donna che piange , volto distorto dal dolore, Picasso
riassume la sofferenza delle madri che perdono un figlio.
Quinto
step il ritorno alle origini, 1946-’53, un nuovo primitivismo alla
ricerca di forme originarie e infantili, come in Madri e figli che
giocano . Per chiudere gli ultimi vent’anni, 1954-71, tra riflessione
sui maestri del passato, da Diego Velàzquez a Édouard Manet, e ossessiva
meditazione sul rapporto artista-modella.