Corriere 13.10.16
Sarà messa a morte in Iran la ragazza di 22 anni che uccise il marito violento
di Viviana Mazza
Aveva
15 anni quando si è sposata, a 17 è stata arrestata con l’accusa di
aver ucciso il marito. Oggi, a 22 anni, Zeinab Sekaanvand rischia di
morire impiccata in Iran. Due associazioni impegnate nella difesa dei
diritti umani — «Iran Human Rights» e «Amnesty International» — chiedono
alla Repubblica Islamica di sospendere l’esecuzione perché il processo è
stato «viziato da gravi irregolarità» e perché la pena di morte è
vietata dal diritto internazionale nei confronti di chi ha commesso un
reato quando era minorenne.
Zeinab Sekaanvand è cresciuta in una
famiglia povera e conservatrice di etnia curda della provincia
dell’Azerbagian occidentale, l’estrema punta nordovest dell’Iran. Per
sposarsi era scappata di casa, sognando una vita migliore. Ma il marito
Hossein Sarmadi aveva cominciato a picchiarla. Lei si era rivolta alla
polizia, invano. Il marito le negava il divorzio, né la ragazza poteva
ritornare dai genitori che l’avevano rinnegata. Il primo marzo 2012,
quando Hossein Sarmadi fu trovato ucciso, Zeinab fu arrestata:
incarcerata per 20 giorni e, secondo Amnesty International, torturata
dagli agenti, confessò di averlo accoltellato. Prima del processo,
cambiò versione e indicò il cognato, che l’aveva stuprata più volte,
come il vero assassino. Lui l’avrebbe convinta a confessare,
promettendole il perdono in cambio di un risarcimento secondo la legge
islamica.
La Corte non le ha creduto. Mahmood Amiry-Moghaddam,
portavoce di Iran Human Rights, che ha esaminato i documenti, crede
all’innocenza di Zeinab. «Il tribunale non ha nemmeno ricostruito la
scena del crimine — dice al Corriere —. Risulta che la vittima sia stata
colpita alle spalle: c’era del sangue sul muro dietro di lui, ma non
sui vestiti della donna». Condannare una minorenne alla pena capitale,
inoltre, è una violazione della Convenzione sui diritti dell’infanzia.
L’Iran l’ha firmata ma continua a punire come adulti i bambini a partire
dai 15 anni e le bambine dai 9, anche se si aspetta che compiano la
maggiore età prima di impiccarli. Un recente emendamento nel codice
penale prevede che il giudice possa valutare se il minorenne era in
grado di comprendere le conseguenze dei suoi atti, ma nel caso di Zeinab
questa norma è stata ignorata. Nella prigione di Urmia, l’anno scorso
Zeinab ha sposato — con il consenso delle autorità — un altro detenuto,
ed è rimasta incinta: l’esecuzione è stata posticipata, essendo illegale
impiccare una donna in gravidanza; ma il 30 settembre il figlio è nato
morto, dunque ora può essere impiccata.