Corriere 13.10.16
Limiti e utilità dell’Onu Un portoghese a New York
risponde Sergio Romano
È
notizia di questi giorni che il nuovo segretario generale dell’Onu sarà
il portoghese Antonio Guterres, ex primo ministro di Lisbona, che
succede al sudcoreano Ban-Ki-moon. Da una mia ricerca, è emerso che
tutti i predecessori sono personaggi di rilievo, ma provenienti da Paesi
di scarso peso politico. Il che lascia intendere che siano frutto di
compromessi, subordinati alle grandi potenze e, quindi, senza effettivo
potere. È così?
Piera Bonadonna
Cara Signora,
Dietro
la scelta di un nuovo segretario generale dell’Onu vi è sempre
l’inconfessato timore che nessun candidato non riesca a cancellare, nel
momento in cui assume le sue funzioni, i vincoli che lo legano al
proprio Paese. Per eliminare o almeno ridurre questo inconveniente è
stato evitato sinora che il prescelto fosse cittadino di una grande
potenza. Non escludo eccezioni in futuro, ma questa tacita regola sinora
è stata rispettata. Il primo segretario generale fu norvegese, il
secondo svedese, il terzo birmano, il quarto austriaco, il quinto
peruviano, il sesto egiziano, il settimo ghanese e l’ottavo sud-coreano.
Agli
occhi di molti critici dell’Onu questa formula conferma la diffusa
impressione che la maggiore organizzazione internazionale sia incapace e
impotente. Ma alla origine di un tale giudizio vi sono aspettative
ingiustificate. L’Onu non sarà mai, neppure in embrione, un governo
mondiale. Franklin D. Roosevelt, presidente degli Stati Uniti sino
all’aprile 1945, volle resuscitare la Società delle Nazioni perché era
convinto che la mancata ratifica del Trattato di Versailles al Senato
americano, dopo la fine della Grande guerra, fosse stata un tragico
errore. Ma disegnò uno statuto in cui ciascuno dei maggiori vincitori
del conflitto (Cina, Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti e Unione
Sovietica) avrebbe avuto un diritto di veto. In altre parole l’Onu
sarebbe stata efficace soltanto se le sue iniziative fossero state
gradite ai cinque grandi.
L’illusione durò appena un paio d’anni e
l’inizio della Guerra fredda nel 1947 mise fine a ogni speranza. È vero
che nel 1950 gli Stati Uniti poterono mobilitare l’Onu contro
l’invasione nord-coreana della Corea del Sud. Ma vi riuscirono soltanto
perché Mosca, in quei giorni, aveva dato ordine al suo rappresentante
permanente di non partecipare alle riunioni del Consiglio di Sicurezza
in segno di protesta contro il mancato riconoscimento della Cina
comunista. Da allora quell’errore non fu più ripetuto. Vi sono stati
progetti per l’allargamento del Consiglio di Sicurezza ad altri membri
permanenti, ma i beati «possidentes» preferiscono lasciare le cose come
stanno.
Questo non significa, cara Signora, che le Nazioni Unite
siano inutili. Non sono inutili i caschi blu, là dove riescono a
separare due potenziali nemici. Non è inutile l’Organizzazione mondiale
della Sanità. Non sono inutili le agenzie specializzate con finalità
umanitarie. Fra guerra e pace, vi sono situazioni intermedie in cui
l’Onu può svolgere funzioni preziose. La scelta di un segretario
generale che è stato Alto Commissario per i Rifugiati dimostra,
soprattutto in questo momento, che l’Onu, se non pretenderemo
l’impossibile, continuerà a essere utile.