Corriere 13.10.16
Reticenze, omissioni e ossessioni nel libro sacro del Terzo Reich
Da
gennaio esiste in tedesco un’edizione critica del Mein Kampf di Hitler
che conta 3.700 note esplicative e tocca le 2 mila pagine. Ma il lettore
italiano interessato può forse accontentarsi di un raffronto tra la
bibbia nazista (da ultimo diffusa in allegato al «Giornale») e il saggio
di Sven Felix Kellerhoff Il libro proibito di Hitler (traduzione di
Roberta Zuppet, Rizzoli, pp. 359, e 22), dove si narrano in dettaglio
retroscena, contenuti e vicende editoriali del Mein Kampf, rilevando le
molte deformazioni e omissioni che caratterizzano il testo rispetto alla
reale biografia del Führer. Non sempre Kellerhoff convince: lascia
perplessi la sua tesi secondo cui Hitler, al contrario di quanto
sostiene in Mein Kampf , divenne un convinto antisemita soltanto nel
1919. Ma nel complesso si tratta di un libro utile, al quale si può
abbinare Il diario perduto del nazismo (traduzione di Daniele Ballarini,
Newton Compton, pp. 427, e 12), volume di Robert K. Wittman e David
Kinney sulle annotazioni ritrovate di Alfred Rosenberg, ideologo di
punta del Terzo Reich.