Repubblica 8.9.16
Sbarco sull’asteroide la missione che svelerà le origini della vita
Parte la sonda Osiris per prelevare campioni di polvere Ed è caccia a risorse minerarie da mettere sul mercato
Il ritorno sulla Terra previsto per il 2023 Poi in laboratorio l’analisi dei materiali
di Giovanni Bignami
Forse
è proprio vero che i marziani siamo noi. Cioè che i mattoni (almeno)
della vita sono arrivati dallo spazio a bordo di asteroidi e qui da noi
hanno trovato il pianeta giusto per scatenarsi. La missione Nasa
“Osiris” parte oggi da Cape Canaveral con l’obiettivo di raggiungere un
asteroide, scelto tra quelli più interessanti e più accessibili e
prelevare un campione della sua polvere per riportalo a Terra nel 2023.
L’asteroide
si chiama Bennu (apparentemente una divinità egiziana minore, donde il
nome della missione, sempre in tema egizio), è grande circa mezzo
chilometro e sta su di una orbita simile a quella della Terra, anzi,
ogni tanto dovrebbe incrociarla. Ma niente panico: sembra che non ci
cadrà in testa (se i conti sono giusti). Visto al telescopio, Bennu è
nero come il carbone, letteralmente, proprio perché è ricco di carbonio.
Sembra anche un po’ bruciacchiato in superficie, forse per impatti
violenti.
I meteoriti carboniosi che piovono sulla Terra da
miliardi di anni, al ritmo di migliaia di tonnellate all’anno, nascono
anche come pezzi di asteroidi tipo Bennu, comuni nel sistema solare.
Sono affascinanti perché, raccolti e analizzati, mostrano molto
materiale organico, comprese molecole complesse, come gli aminoacidi,
dei quali sono fatte le nostre proteine.
Ma quando i sassi celesti
diventano terrestri, ahimè, corrono il rischio di contaminarsi. Uno dei
più bei campioni di meteorite carbonioso cadde qualche anno fa in
Australia, ma, pur con tutto il deserto disponibile, cadde proprio
vicino a un ranch, in un letamaio. Difficile poi trarre conclusioni
cosmiche dall’analisi del suo materiale organico.
Osiris, invece,
tra due anni arriverà a volare in formazione con Bennu e poi pian piano
gli si avvicinerà. Senza atterrare (manovra molto difficile, e
pericolosa, come ci hanno insegnato Rosetta e Philae), sfiorerà per
qualche secondo la superficie, tirando fuori una proboscide-
aspirapolvere lunga 3 metri. Al volo, raccoglierà un paio d’etti della
polvere di Bennu, magari arrivando a qualche millimetro sotto la
superficie. Con il campione ben chiuso in una capsula super sigillata
inizierà il viaggio di ritorno.
Nel 2023, arrivata vicina alla
Terra, Osiris sgancerà la preziosissima capsula, munita di scudo termico
e paracadute, per farla rientrare dolcemente nel deserto dello Utah. Se
tutto va bene (e i se sono molti…) la polvere di asteroide arriverà
intatta in un laboratorio sterile, capace di analizzare il materiale
senza alterarlo. Chissà cosa ci troveremo: ci aspettiamo zuccheri di
vario tipo, gli aminoacidi dei quali siamo fatti noi, altri aminoacidi
strani, trifosfati (tipo quelli nella Atp, adenosina trifosfato, che
muove i nostri muscoli), già sospettati in meteoriti terrestri. Ma il
più bello verrà da quello che non ci aspettiamo, come sempre nella
scienza. Bennu è in giro da centinaia di milioni di anni, chissà cosa ha
avuto tempo di inventare sulla sua superficie, che comunque ci dirà
molto sulla evoluzione del sistema solare.
Ma la missione Osiris,
comunque vada la scienza, ha già vinto. È stata scelta dalla Nasa
soprattutto perché ci insegna a sviluppare le tecnologie necessarie per
interagire intimamente con un asteroide, tra l’entusiasmo delle
industrie spaziali Usa. Alcune di queste, come Planetary Resources o
Deep Space Industries, usano come consulenti gli stessi scienziati che
lavorano su Osiris, ma con fini più concreti.
Sugli asteroidi non
cercano la risposta all’origine della vita o del sistema solare, ma
risorse minerarie da estrarre e poi mettere sul mercato. Per esempio, i
metalli del gruppo del platino, sempre più rari sulla Terra ma sempre
più richiesti dall’elettronica o dai convertitori catalitici. O anche la
stessa acqua, abbondante su certi asteroidi ricchi di ghiaccio come le
comete, per trasformarla in carburante da vendere a caro prezzo ad
astronavi di passaggio.
Start-up spaziali di grosso calibro,
insomma, cresciute all’ombra della ricerca fondamentale, fatta da
missioni come Osiris in Usa, ma attiva anche in Giappone o in Europa con
Rosetta. Anzi, pare che il Lussemburgo, nota potenza spaziale, stia
pensando ad una avventura commerciale sugli asteroidi. Un chiaro
suggerimento per investitori amanti del rischio.
In aiuto, per gli
imprenditori Usa, c’è una delle ultime leggi di Obama, che permette lo
sfruttamento commerciale degli asteroidi ai cittadini americani. È la
corsa all’oro nello spazio, in barba al trattato mondiale del 1967
firmato anche dagli Usa, che stabilisce come lo spazio, ed i suoi
oggetti, siano di tutti e di nessuno. Nasceranno eleganti dispute di
diritto spaziale? Gli avvocati lussemburghesi affilano le armi, ma gli
imprenditori californiani, più concreti, già si dicono: «una volta che
sono sull’asteroide a scavare, chi mi manda via?».