venerdì 23 settembre 2016

Repubblica 23.9.16
Trattativa aperta ma gli italiani pagheranno la spesa extra
di Andrea Bonanni

BRUXELLES. L’Italia ha già speso, con il beneplacito di Bruxelles, diciannove miliardi di euro in più di quanto prevedessero le regole di bilancio europeo. E ora sta chiedendo un ulteriore margine di manovra. Il presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, ieri ha evocato questi dati di fatto con un triplice obiettivo. Da una parte dimostrare che il Patto di stabilità, se applicato con un minimo di intelligenza politica, può funzionare senza essere un cappio giugulatorio. Dall’altra ricordare indirettamente a Renzi, che è tornato a lamentare una certa grettezza dell’Europa e la mancanza di gesti concreti, quanto in realtà l’Unione sia già stata flessibile nel venire incontro alle sue domande.
È interessante notare che il presidente della Commissione non si è pronunciato sulla ulteriore richiesta di sforamento dei tetti di spesa avanzata dal governo italiano. Si sa che Roma non potrà più invocare la clausola di flessibilità per le riforme utilizzata in passato, in quanto si è concordato che questa possa essere applicata solo una volta (e l’Italia in qualche modo ne ha approfittato per due anni consecutivi). Tuttavia Bruxelles non sarebbe contraria ad autorizzare ancora un piccolo sforamento, se solo si troverà una giustificazione legalmente accettabile e che non metta troppo in difficoltà la cancelliera Merkel di fronte alla proprie opinione pubblica alla vigilia di difficili elezioni. I grandi elogi di Juncker per quanto fa l’Italia in aiuto ai migranti potrebbero forse costituire l’indicazione implicita di un terreno su cui l’Europa è disposta a venirci finanziariamente incontro.
Adesso, naturalmente, oltre che sulla nuova giustificazione “legale” per consentire lo sforamento dei conti pubblici, il braccio di ferro sarà sull’entità dello strappo. Un discreto negoziato tra Roma e Bruxelles è già in corso da tempo. E qui si può leggere il terzo messaggio implicito nella frase di Juncker. Un messaggio che però rischia di sfuggire ai politici italiani. I diciannove miliardi a cui fa riferimento il presidente della Commissione, e gli otto-dieci dell’ulteriore sfondamento richiesto per l’anno prossimo, non sono infatti soldi europei. Sono denaro che esce dalle tasche dei contribuenti italiani e che viene destinato ad alimentare la spesa pubblica. Anche se l’Europa è disposta a concedere al governo Renzi qualche margine di manovra, la speranza di Juncker è che sia la nostra classe politica a mettere un freno alla spesa per difendere l’interesse dei contribuenti. Una speranza che purtroppo, alla luce della sensibilità dimostrata in passato dal nostro Parlamento nelle votazioni sul bilancio, possiamo con sicurezza definire illusoria.