mercoledì 21 settembre 2016

Repubblica 21.9.16
Il senso della vita
risponde Corrado Augias

GENTILE Corrado Augias, a proposito di fede e dubbio, mi hanno colpito queste parole di Vito Mancuso (Repubblica 17/9): «Ma perché alcuni avvertano in sé questo sentimento di fiducia verso la vita e altri no rimane per me un mistero inesplicabile». C’è un punto fermo della scienza contemporanea: il cervello umano è il risultato dell’evoluzione del cervello di animali che ci hanno preceduto in tempi remoti. Dobbiamo accettare che le costruzioni mentali, compresa la fede e il dubbio, siano solo un prodotto dell’attività di quest’organo, con tutti i suoi limiti. I filosofi e gli scienziati citati nell’articolo non avevano questa conoscenza, alcuni avevano subìto fin dalla nascita un indottrinamento che dava per scontata l’esistenza di Dio: quindi il loro contributo oggi è scarso. Esiste una differenza individuale nell’attività del cervello, può spiegare il prevalere, nel singolo, della fede, del dubbio o la loro coesistenza. Per obbedire a stimoli naturali diversi (curiosità, paura, dubbi etc.) il cervello può cercare di chiarire alcuni fenomeni ancora oscuri dell’ambiente naturale. Spesso non riesce a spiegarli e postula qualcosa di misterioso, fino a Dio — consolandosi con la fede.
Franco Ajmar, Genova — f.ajmar@libero.it
VITO MANCUSO è tra i pochissimi che lavora, da anni, per aggiornare una teologia chiaramente superata dal volgere dei tempi come già riconosceva il suo maestro cardinal Martini. Compito arduo che lo studioso svolge con coraggio, dottrina e acume. Chiaro che lavora su una materia largamente opinabile dove le inclinazioni personali prevalgono a dispetto di ogni tentativo di costruzione logica. Nel suo bell’intervento pubblicato sabato scorso mi hanno colpito queste parole: «Nessuno veramente sa che cosa nomina quando dice Dio, ma credere nell’esistenza di una realtà più originaria, da cui il mondo proviene e verso cui va, significa sentire che la vita ha una direzione, un senso di marcia, un traguardo. Credere in Dio significa quindi dire sì alla vita e alla sua ragionevolezza, che la vita proviene dal bene e procede verso il bene ». Personalmente non credo che la vita abbia una direzione, salvo nel senso che ora dirò, tanto meno credo che la vita (la vita individuale e quella collettiva delle specie) provenga dal bene e tenda al bene. Contraddicono questo nobile assunto i fatti di ogni giorno e le fasi storiche che hanno preceduto la nostra, la costante presenza del male più irragionevole, quello che prescinde dal “libero arbitrio”, vecchio problema posto cento volte che nessuno ha mai risolto perché una soluzione — posto in termini teologici il quesito — non c’è. La vita va e viene, semplicemente accade, come accade che un albero cresca sano e quello vicino si schianti, come il vitello che nasce con due teste e i siamesi uniti in modo indivisibile perché gli ovuli al concepimento non si sono separati del tutto. Il senso della vita, il solo possibile, è quello che ognuno di noi riesce a conquistare cercando, quando ci riesce, di comportarsi meglio possibile, di vivere nuocendo meno che possa agli altri e all’ambiente. Il resto, come scrive il signor Ajmar, è benvenuta consolazione, per chi ne ha bisogno.