lunedì 19 settembre 2016

Repubblica 19.9.16
Luigi de Magistris.
“Caro Pisapia si illude chi vota Sì la riforma è pensata per i nuovi oligarchi”
Il sindaco di Napoli nel 2011 con il collega di Milano trascinò gli “arancioni”. Ora lo critica: “I pericoli ci sono”
“Il testo concentra il potere nelle mani del premier. C’è un groviglio di norme che provocherà una valanga di ricorsi”
“Dobbiamo piuttosto batterci per attuare davvero gli articoli su uguaglianza diritto alla salute e tutela del paesaggio”
intervista di Conchita Sannino

NAPOLI. «Per me, resta una riforma pericolosa. Non solo io, ma tutta la mia giunta e la maggioranza siamo mobilitati su questo fronte». Luigi de Magistris, primo cittadino di Napoli al secondo mandato, resta saldamente ancorato alle ragioni del No al referendum costituzionale. E non condivide, dunque, l’amarezza espressa da Giuliano Pisapia - ex collega della stagione dei sindaci “arancioni” che ieri a Repubblica si è detto lontano dal fronte del No - per «la disastrosa polemica» che continua a dividere il centrosinistra e per i rischi di «instabilità politica». Allo stesso tempo, l’ex pm vede nella crisi politica che colpisce i 5 Stelle a Roma «un elemento che potrebbe incidere a favore di Renzi».
Sindaco de Magistris, perché lei boccia la riforma?
«La ritengo tutta sbagliata. La riforma stravolge la chiarezza e la semplicità della Carta: siamo di fronte a un groviglio di norme, di commi, che la rende farraginosa e complessa, la fa quasi assomigliare a una brutta legge ordinaria. E non mi convincono le promesse modifiche all’Italicum, mi spiace per Giuliano Pisapia e per tanti che invece legano a questo la loro adesione. Nel merito: l’impianto della riforma va verso una struttura oligarchica...».
Ma molti autorevoli esponenti della sinistra, anche extra Pd, come appunto Pisapia, insistono nel dire che non esiste un rischio per la democrazia.
«Scusate, ma dissento. La riforma va a favore della concentrazione del potere nelle mani del premier. Tra l’altro: parliamo di un disegno costituzionale voluto da un premier e da una maggioranza che non ha legittimazione popolare; decisa all’interno di un Parlamento eletto con una legge elettorale che la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima. Beh, puzza un po’ di un atto di forzatura istituzionale».
De Magistris, lei stesso riconosce che esiste una tensione nel Paese verso il superamento del bicameralismo e la semplificazione.
«Ma questa riforma non la risolve. L’ho studiata, ho ascoltato i pareri di eminenti costituzionalisti. Addirittura, queste modifiche rendono più farraginoso il meccanismo parlamentare e lo espone a una serie di ricorsi alla Corte Costituzionale. E non va nemmeno nella direzione che all’inizio era emersa: quella di favorire la partecipazione nel Senato di autonomie e comunità...».
A lei non è piaciuto che siano scomparsi, di fatto, i sindaci.
«Certo, la prima bozza prevedeva una presenza massiccia di sindaci, mentre ora troviamo quasi esclusivamente i consiglieri regionali rappresentati nel Senato. Un modo per riaffermare una forte predominanza degli apparati partitocratici. Sparita anche la prima spinta: autonomista e popolare».
Lo schieramento del Sì dice: ma si tagliano i costi della politica.
«A parte che fare una riforma costituzionale con questo scopo, sarebbe meschino, si poteva perseguire un’altra strada: un’autentica riduzione degli esponenti i parlamentari. Ma la critica più forte che faccio è un’altra: ancora una volta, come è stato per Berlusconi, non si intravede nessuna iniziativa parlamentare e governativa forte verso l’attuazione della Costituzione. Dobbiamo applicare gli articoli sull’uguaglianza, sul diritto alla salute, la tutela del paesaggio, i soldi per la ricerca. Ecco perché la mobilitazione nazionale che noi mettiamo in campo per il No faremo in modo che si trasformi poi in un Sì alla piena attuazione della Costituzione».
Lei con l’associazione DeMa propone un’idea alternativa di sinistra nazionale. Quanto incide il suo rapporto conflittuale con Renzi, sul No?
«No, alt. La dialettica politica, anche forte sul referendum e su altro, è giusta, segue un corso. Ma il rapporto tra istituzioni deve essere salvo. Ecco perché non accetto il fatto che io non riesca a incontrare il premier se non a condizione che sia presente il commissario di Bagnoli, che noi come figura non riconosciamo».
Ipotesi vittoria del No: lei disse che Renzi non si sarebbe dovuto dimettere. Ha cambiato idea?
«Premesso che se vince il Sì, Renzi ne esce molto rafforzato, e tra l’altro, la vicenda romana con gli errori commessi dai 5 Stelle possono favorirlo; con la stessa chiarezza va detto che una vittoria del No sarebbe un colpo per lui politicamente durissimo. Ma è stato Renzi a lanciare questo aereo e ora non è semplice fermarlo».