martedì 13 settembre 2016

Repubblica 13.9.16
Scontro sull’Italicum
Bersani: “La proposta tocca al governo al momento voto No”
Renzi: “Confronto con tutti”. Ma aspetta la Consulta
I 5Stelle attaccano: cambiano le leggi per i comodi loro
di Andrea Carugati Tommaso Ciriaco
ROMA.
«Se al referendum si votasse domani, voterei no». Ormai Pierluigi Bersani lo dice apertamente. Deluso da Matteo Renzi, l’ex segretario del Pd boccia l’intervento del premier alla festa dell’Unità di Catania. E trae le conseguenze: «Non ho visto nessuna apertura. Devono dire di aver sbagliato a porre la fiducia sull’Italicum e spiegarmi perché hanno cambiato idea. E deve essere il governo a proporre i cambiamenti. Se vuole, i numeri in Parlamento si trovano». Un ceffone contro il capo del governo, dunque, ma non ancora lo strappo definitivo: «C’è tempo per fare una nuova legge prima del passaggio referendario - assicura - E io comunque non aderirò a comitati, né darò indicazioni». Difficile però che Renzi muova passi significativi prima della sentenza della Consulta sull’Italicum, prevista per il 4 ottobre. E ancor più complicato che un tavolo sulla legge elettorale possa ottenere luce verde prima del referendum costituzionale. Per adesso, allora, si limita ad assicurare: «Abbiamo dato la disponibilità a cambiare la legge e siamo pronti a confrontarci in modo libero con tutti».
Il clima è quello che è, nel Partito democratico. Se Renzi attacca Massimo D’Alema, Bersani difende l’ex premier: «Ci può essere disaccordo, ma il dileggio da parte di un segretario di partito non è accettabile. Sono stati usati toni aggressivi contro una parte della nostra gente». Il leader della minoranza gioca all’attacco, parlando alla festa dell’Unità di Roma: «Matteo, sono due anni che sei lì, anche tu non sei nuovissimo. Siamo tutti un po’ usati, il problema è essere usati sicuri...». Per Bersani è apprezzabile la posizione espressa da Giorgio Napolitano nell’intervista a Repubblica. E in ogni caso Renzi deve restare al suo posto, in caso di sconfitta al referendum: «Non deve dimettersi. Sembra inevitabile? Se la sono cercata. Non facciamo di quel passaggio un appuntamento cosmico come la Brexit, altrimenti può diventare un’occasione per la speculazione finanziaria».
Il capo della sinistra del Pd non è l’unico a contestare l’atteggiamento del segretario dem. «Prima ci aveva detto che l’Italicum era un modello e ora vuole cambiarlo – lo incalza Luigi Di Maio - Oggi mi sarei aspettato altri titoli da giornali, come “Renzi schizofrenico”. Cambiano le leggi per i comodi loro». E Renato Brunetta gli fa eco: «Il premier – dice il capogruppo berlusconiano alla Camera - è alla canna del gas».
A dire il vero sul dossier elettorale proprio Renzi, che ieri ha subito una contestazione da parte di insegnanti precari in provincia di Caserta, predica estrema prudenza. Con il “patto di Sciacca” ha promesso ad Angelino Alfano che farà di tutto per tornare al premio di coalizione. Una novità a cui potrebbe essere costretto già dalla Corte costituzionale, se la sentenza del 4 ottobre cancellerà il divieto di apparentamento tra i due turni. Si tratterebbe di un ritocco mirato, e obbligato, in linea con la proposta di Dario Franceschini. Tra gli uomini del premier, intanto, si ragiona anche di un altro intervento, che mira a sostituire il meccanismo delle preferenze con un listino cortissimo per ciascun collegio.
Schermaglie, per adesso. Il primo passaggio concreto si vivrà a fine mese. Mercoledì infatti la riunione dei capigruppo di Montecitorio fisserà la data per discutere la mozione di Sel (che reclama modifiche all’Italicum) già calendarizzata per settembre. E la data più probabile per il voto è il 28 di settembre. «Non vedo l’ora che inizi il dibattito - sostiene il capogruppo di Sinistra italiana Artuto Scotto - Vedo che Renzi, Napolitano e Alfano non vogliono più l’Italicum e comincio a pensare che questa è una legge a loro insaputa...»