venerdì 9 settembre 2016

La Stampa 9.9.16
Il secondo fronte del “No” al premier che potrebbe diventare un “Sì”
di Marcello Sorgi

A sinistra si delinea un secondo fronte di avversari di Renzi al referendum costituzionale. Accanto a quello dei duri e puri del “No” capeggiato da D’Alema e fin qui formato da uno schieramento interno alla minoranza Pd e da una parte dei fuorusciti, a cavallo tra l’ala più dialogante della minoranza o quel pezzo della stessa che da tempo sta con la maggioranza (Giovani Turchi, Orfini, Orlando, Martina) e la Cgil sta prendendo corpo un diverso “No”, che potrebbe trasformarsi in “Ni” e in parte anche in “Sì”, sia pure a certe condizioni.
A seguire il ragionamento della Camusso, che comunica il “No” della Cgil in termini non ultimativi, la segretaria è molto interessata a capire se davvero sia reale l’intenzione di un disgelo nei rapporti con le parti sociali annunciato dal governo e la possibilità di interloquire sui contenuti della legge di stabilità prima che sia incardinata in Parlamento, oltre, naturalmente, alla rimessa in discussione del rapporto preferenziale avuto fin qui da Renzi con Confindustria. In ballo ci sono le misure, fin qui dai confini incerti, annunciate per i pensionati e quella sorta di riforma della riforma Fornero che di tanto in tanto fanno balenare il ministro del Lavoro Poletti e - meno - quello dell’Economia Padoan. Camusso ci aggiunge la richiesta di una sorta di autocritica del governo sulle misure adottate fin qui, a cominciare dal Jobs Act: ma questa è tattica preventiva a una trattativa che deve ancora cominciare. Mentre è sicuro che conquistare al “Sì” la larga platea dei pensionati della Cgil, tutta o in parte (parliamo di milioni di elettori), grazie a un atteggiamento meno rigido del sindacato e a una sua non attiva partecipazione alla campagna referendaria, per Renzi sarebbe un bel colpo.
Più facile si presenta il negoziato con la parte dialogante della componente post-comunista del Pd. Da Bersani a Orfini, passando per tutta la varietà di posizioni di esponenti che tuttavia, quasi tutti, va ricordato, hanno votato la riforma in Parlamento, la richiesta resta quella di rimettere mano all’Italicum. Renzi s’è dichiarato disponibile, seppure con l’incognita della ricerca, non facile, di una maggioranza in Parlamento. Al di là di come e quanto la legge elettorale possa essere cambiata, la necessità di rimettere mano alla legge potrebbe maturare presto, a prescindere dalla concretezza o meno degli annunci del premier: il 4 ottobre la Corte costituzionale si pronuncerà sull’Italicum e le probabilità che ne chieda una revisione sono molto maggiori di quelle che lo lasci intatto.