La Stampa 8.9.16
“Nel mondo 50 milioni di piccoli a rischio”
di Luigi Grassia
Cinquanta
milioni: è questo il numero dei piccoli profughi nel mondo. Si avvia a
soluzione il problema dei bambini-soldato in Colombia, ma purtroppo il
pianeta è pieno di guerre e di guerriglie che travolgono i più piccoli. E
la violenza più frequente è quella che porta i bambini e i ragazzi a
essere sradicati dalle loro case, assieme alle loro famiglie oppure - in
molti casi - anche da soli. Secondo un rapporto dell’Unicef sono 28 i
milioni di minori costretti a lasciare i luoghi in cui sono nati per
scappare dai conflitti armati. L’istituto delle Nazioni Unite che si
occupa di infanzia calcola che le guerre in giro per il mondo hanno
prodotto 10 milioni di minori rifugiati all’estero e altri 17 sfollati
all’interno del loro Paese. Eppure questa è solo una parte del problema:
il totale cresce a 50 milioni se si contano anche i piccoli migranti in
fuga dalla povertà o dalla violenza di bande criminali.
I minori,
segnala ancora l’Unicef, «rappresentano circa la metà dei rifugiati che
hanno chiesto asilo nel 2015». E i Paesi che hanno ricevuto domande di
asilo da bambini o ragazzi sono stati 78: anche questo dà un’idea della
vastità del fenomeno.
Il rapporto è stato pubblicato in vista di
un incontro dell’Onu sulle migrazioni il 19 settembre. Il problema dei
bambini travolti dalla guerra tende a essere sottovalutato, e l’Unicef
si sente costretta a esortare i diversi Paesi a «considerare prioritaria
l’accoglienza dei minori, in quanto particolarmente vulnerabili alla
violenza e allo sfruttamento».
Per quanto l’Africa sia una fucina
costante di guerre, caos e migrazioni, a generare il maggior numero di
piccoli profughi sono due Paesi del Medio Oriente allargato, cioè la
Siria e l’Afghanistan: viene da lì il 45% dei minorenni rifugiati. E
anziché risolversi, il problema si sta incancrenendo: l’Unicef segnala
che fra i rifugiati il numero dei piccoli non accompagnati è triplicato
fra il 2014 e il 2015. Non basta: i bambini e i ragazzi sradicati dalle
loro case hanno una forte probabilità di non studiare e quindi non si
preparano alla vita adulta; l’esito più probabile è che le loro
esistenze siano rovinate per sempre e che i problemi si trasmettano di
generazione in generazione.