martedì 6 settembre 2016

La Stampa 6-9.16
“Un No contro il partito della Nazione”
D’Alema lancia il comitato anti-Renzi
Il premier: a differenza della sua Bicamerale non aumentiamo i poteri del governo
di Amedeo La Mattina

Considera insopportabile il «giochino D’Alema contro Renzi», ma è lo stesso D’Alema che lo alimenta in tutti i modi. Ieri al cinema Farnese, strapieno di nostalgici e «vecchie glorie» ha lanciato il suo Comitato del No al referendum costituzionale. Alla presidenza ha messo l’avvocato ex senatore Guido Calvi. Non ha detto chi ne farà parte. Ha però spiegato che lui darà il suo contributo, senza abbandonare quello che ama fare in Europa, «rinnovare il pensiero mondiale della sinistra». Quasi defilato, ma è chiaro che D’Alema punta tutto sull’appuntamento referendario per assaltare la segreteria del Pd, archiviare Renzi e il renzismo. L’obiettivo è far saltare il governo che «ha tolto diritti ai lavoratori e non è in grado, con le sue riforme fasulle, di far ripartire l’economia». Allora, fare di tutto per la vittoria del No.
Una battaglia che dovrebbe riportare all’impegno politico e civile tutti coloro che sono stati emarginati dalla rottamazione renziana e ricomporre la minoranza dem (Bersani, Cuperlo, Speranza) con i fuoriusciti come Fassina e D’Attorre. La minoranza, però, si decida a salire sul ring, a scegliere il No: tanto. osserva l’ex premier, si illudono che Renzi cambierà l’Italicum. Un sistema elettorale che «trasforma pochi in tanti», privilegiando la governabilità alla democrazia. Che si riduce a «tecniche volte a costruire in modo artificioso maggioranze parlamentari». La vittoria del No cambierebbe molte cose. Intanto «segnerebbe la fine del partito della Nazione. Il che sarebbe un bene per il Pd e per il Paese». D’Alema vuole aprire uno spazio di partecipazione per militanti di sinistra e di centrosinistra. Non è necessario abbandonare il Pd e fondare un nuovo partito. La battaglia è tutta dentro ed è un bene che si entri nel merito di una riforma costituzionale «scritta male: un mostriciattolo, paccottiglia ideologica, un pastrocchio che spacca Paese». Il Paese sarebbe «vittima di un dibattito fasullo, non fondato su dati di fatto».
Dunque è un bene che si entri nel merito della riforma. Per D’Alema si farà chiarezza sul danno alla democrazia che provocherà la vittoria del Sì. Per Renzi invece la renderà più moderna e simile alle democrazie europee. Ed è quello che il premier andrà a spiegare nelle prossime due settimane nelle feste dell’Unità in giro per l’Italia. Sui contenuti della riforma costituzionale «c’è molta disinformazione». Anche sui poteri del premier che nella riforma «non vengono aumentati, anzi non sono nemmeno sfiorati». Una precisazione per ricordare che proprio D’Alema, nella riforma scritta nella Bicamerale, voleva accentuati fortemente questi poteri.
Renzi sperava che la discussione si concentrasse sui contenuti. Adesso è sulla data del referendum dopo che il ministro Boschi ha ipotizzato che le urne potrebbero aprirsi all’inizio di dicembre. «La data - precisa il premier dalla Cina - seguirà pedissequamente la previsione di legge, ma se dedicassimo lo stesso tempo che dedichiamo alla data al dibattito sul merito faremmo un grande servizio al Paese». In sostanza, il giorno sarà fissato tra 50 e 70 giorni successivi al 13 ottobre. Per D’Alema invece è «decisamente sgradevole che il governo non abbia ancora fissato una data per il referendum. Sa di una furbizia». Scontro a tutto campo, ma nessuna scissione alle viste. D’Alema dice di voler offrire un’opportunità a milioni di persone che hanno smesso di votare il Pd e di rinnovare la tessera del Pd: «C’è un partito senza popolo e un popolo senza partito». E allora «Non perdiamoci di vista. Non solo da qui al referendum ma anche dopo».