martedì 20 settembre 2016

La Stampa 20.9.16
Merkel, mea culpa pubblico
“Responsabile del crollo Cdu”
La cancelliera: non abbiamo spiegato bene la nostra politica sui rifugiati
di Alessandro Alviani

È un’ampia autocritica quella che Angela Merkel ha effettuato ieri dopo il tracollo della sua Cdu alle regionali di Berlino. Forse intuendo la sconfitta che si andava profilando nella città-Stato, la cancelliera aveva deciso già da tempo di non volare a New York per l’assemblea generale dell’Onu, ma di restare a Berlino, dove ha partecipato alla tradizionale riunione post-voto dei vertici della Cdu e fatto mea culpa, mostrandosi al tempo stesso combattiva.
Il risultato «insoddisfacente» e «molto amaro» di domenica, con la Cdu scesa al 17,6%, il peggior dato di sempre a Berlino, ha sì a che fare con fattori locali, «ma non solo: in quanto leader del partito e cancelliera mi assumo la mia parte di responsabilità». Una delle ragioni del calo, ammette, è che non abbiamo spiegato a sufficienza gli obiettivi e le convinzioni di fondo della nostra politica sui rifugiati, in futuro li chiarirò meglio. «Non tutto quello che abbiamo fatto in passato è stato giusto»: non siamo stati dei campioni di integrazione e abbiamo atteso troppo prima di occuparci seriamente della questione dei rifugiati. Per lungo tempo, confessa, anch’io ho fatto volentieri affidamento sul regolamento di Dublino, che ha sollevato noi tedeschi dal compito di risolvere il problema. Merkel critica il modo in cui l’Europa sta affrontando il tema dei migranti, difende l’accordo con la Turchia e chiede «una revisione urgente di Dublino», vista anche la situazione nel Mediterraneo centrale: se rispedissimo indietro tutti i migranti che sono stati registrati in Italia e Grecia, spiega, imporremmo su quei Paesi un onere eccessivo. Molti di quelli che arrivano - «e questo è il problema dell’Italia al momento» - sono migranti economici, non rifugiati di guerra, per cui non si può dire che esista una necessità umanitaria ad accogliere chiunque entri illegalmente. È «importante» effettuare i rimpatri e combattere sul posto le cause delle migrazioni, «dobbiamo dare a queste persone una prospettiva in Africa».
L’aggiustamento di rotta è verbale, non di contenuto. Merkel prende le distanze dalla sua celebre frase «ce la faremo» (vi sono state associate talmente tante intepretazioni che preferirei quasi non ripeterla, ormai «è una formula vuota»), ma non cambia le linee di fondo della sua politica: ieri ha respinto di nuovo la richiesta della Csu di un tetto agli ingressi. Al tempo stesso ha fatto un passo in direzione dei suoi critici. «Nessuno, neanch’io, vuole che si ripeta una situazione come quella del 2015», con migranti entrati in Germania senza essere controllati, né registrati e «mi batto affinché ciò non si verifichi di nuovo». Se potessi, confessa, tornerei indietro di molti anni, per prepararmi meglio alla situazione dell’estate 2015, che ci ha colti impreparati.
È una Merkel insolita, che per una volta non fa appello ai fatti (sarebbe «illogico» usarli per convincere chi pensa che la Germania sarà presto irriconoscibile a causa di troppi stranieri), ma alle sensazioni: «ho la sensazione che usciremo da questa situazione meglio di come ci siamo entrati».