martedì 20 settembre 2016

La Stampa 20.9.16
La via d’uscita per la Merkel in crisi
di Gian Enrico Rusconi

Si può impunemente disobbedire alle indicazioni e alle raccomandazioni dell’Europa.
Si può fare impunemente dispetto alla (potente) Germania innalzando muri e filo spinato contro i migranti anziché accoglierli. Questa è la lezione che hanno imparato a Bratislava i quattro Paesi del Gruppo Visegrad (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia) costringendo la cancelliera Merkel a dire pietose bugie.

Ci sono due ottiche per giudicare le serie difficoltà politiche della Germania che la cancelliera deve gestire. La prima è l’ottica interna dei nuovi equilibri politici che si stanno creando e che mutano il panorama politico tedesco, tradizionalmente stabile e prevedibile. E c’è l’ottica esterna che vede la messa in discussione della capacità di orientamento che la Germania ha esercitato, nel bene e nel male, sino ad oggi in Europa. Era quella che fino ad alcuni mesi fa si chiamava - con sentimenti ambivalenti - l’egemonia tedesca. Ora sembra finita sia a Est che a Sud. Controintuitivamente l’impotenza e la deriva istituzionale dell’Unione europea hanno indebolito l’influenza tedesca. Ne hanno mostrato l’unilateralità. La Brexit poi ha complicato ulteriormente il quadro.
In questa situazione la Germania è diventata insicura sia circa la propria stabilità interna sia nella sua capacità di orientamento esterno. Ed è accaduto con una accelerazione inaspettata, collegata al fenomeno della migrazione. Angela Merkel, un anno fa, quando coniava il motto «ce la faremo», non se lo aspettava. Adesso tardivamente rinnega quello slogan che le si è rivoltato contro.
E’ il primo passo autocritico per riguadagnare terreno. Non mi pare infatti che la cancelliera sia disposta alla resa, come vorrebbero (da oltre un anno) i suoi avversari. Infatti la formula politica sostitutiva della Grosse Koalition c’è già sulla carta e nelle cose: una coalizione dei democratici cristiani e dei socialdemocratici con i verdi e i liberali guidata virtualmente dalla stessa Merkel.
A questo punto che cosa farà il partito che prepotentemente si fa avanti a destra, Alternative für Deutschland? L’AfD è davanti al dilemma se estremizzarsi ulteriormente in senso xenofobo, antimigranti, ipernazionalista per raccogliere altro consenso, mettendo in gioco la sua diversità rispetto alle formazioni neo-naziste. Oppure se cercare di ricuperare l’immagine originale di movimento di destra liberale/ liberista che si limita a prendere le distanze dall’Europa fallita, ipotizza due monete (euro nord e euro sud), un’Europa a più velocità, con il ricupero di quote di sovranità nazionale. A ben vedere non siamo molto lontani da quello che pensano i quattro Paesi del gruppo Visegrad.
Di contro è stata sorprendente, ma anche un po’ ingenua la decisione della cancelliera tedesca e del presidente francese di rispondere con una conferenza stampa congiunta a due, quasi a garantire - loro soli - che l’Europa sarebbe comunque andata avanti.
E’ comprensibile la delusione di Matteo Renzi per la mancanza di un pronunciamento preciso da parte tedesca e francese in tema di migranti e di flessibilità, che stanno a cuore all’Italia. Forse la critica alla cancelliera è stata esagerata nei toni, ma altrettanto enfatiche erano state le precedenti dichiarazioni di affetto reciproco. Renzi ha sopravvalutato e ha frainteso il successo dei suoi incontri di Ventotene e di Maranello. Ma non è stato imbrogliato. Si è imbrogliato da solo. A fronte della cancelliera Renzi ha sempre frainteso la sua cortesia e le sue buone intenzioni personali. Dai cauti discorsi di Angela (come la chiama lui) Matteo ha sempre selezionato soltanto i passaggi più appetibili. Le recenti affermazioni dirette e dure del presidente della Bundesbank, pilastro della politica economico-finanziaria tedesca, sulla situazione debitoria intollerabile dell’Italia e sulle inadempienze sulle riforme sempre proclamate e mai attuate, sono condivise dalla cancelliera anche se lei usa la forma di amichevoli raccomandazioni.
Quanto all’asse Berlino-Parigi è bene essere scettici. Si tratta di una connivenza, di una complicità asimmetrica. Berlino chiude tutte e due gli occhi sulle inadempienze francesi purché questi facciano finta di non vedere la supremazia tedesca e coltivino la finzione della parità nella guida politica di ciò che resta dell’Unione. Alla Francia non conviene neppure più tanto la prospettiva di una Europa mediterranea con uno specifico spazio di autonomia decisionale, che del resto non ha mai oltrepassato l’orizzonte della retorica.