mercoledì 14 settembre 2016

La Stampa 14.9.16
Addio a Ermanno Rea testimone implacabile della sua Napoli
di Mario Baudino

«A tutti i miei traumi io ho reagito sempre alla stessa maniera: chiedendo aiuto ai libri. Per quel che mi riguarda, il libro è prima di tutto una ciambella di salvataggio. Non che ti migliori, a questo credo poco. E neppure che ti sani le ferite. Però ti placa. Alla maniera di un lenimento, di un farmaco di pronto intervento». Lo dice Adele, grande lettrice, protagonista di Il sorriso di Don Giovanni (Feltrinelli), un romanzo del 2014 che riprendeva a distanza i temi visionari di Fuochi fiammanti a un’hora di notte (Rizzoli, 1998, Campiello l’anno successivo).
Era anche una forma di autobiografia spirituale: Ermanno Rea aveva identificato nel personaggio di Adele il suo sentimento di lettore, la «passione predominante» di un uno scrittore dalle molte inclinazioni, tra politica, giornalismo, organizzazione culturale e impegno sociale. Soprattutto di un testimone implacabile, fra rabbia e improvvise indulgenze, della sua Napoli cui sono dedicati i romanzi-inchiesta più noti, come Mistero napoletano. Vita e passione di una comunista negli anni della guerra fredda (Einaudi 1995) con cui vinse il Viareggio. Che è sostanzialmente un memoir in forma narrativa.
Ermanno Rea è morto nella sua casa di Roma, a 89 anni, proprio mentre sta per uscire da Feltrinelli - in libreria il 13 ottobre - Nostalgia, storia di un destino di amicizia e di morte nel Rione Sanità, condannato dalla sua stessa storia a una sorta di claustrofobia sociale. Sarà fiction, ma fiction d’intervento e di impegno, dove ancora una volta si sente in filigrana il reportage, tra ansia di riscatto sociale e lotta cieca, cupa, senza prospettive.
L’inchiesta e il periplo della città, strada per strada, sono stati del resto la sua cifra costante di scrittore atipico. E anche acclamato rappresentante della letteratura cosiddetta industriale, quando dedicò La dismissione (Rizzoli 2002) alla fine delle acciaierie di Bagnoli con una saga operaia che segnò la fine di un’epoca. In parallelo si è rivolto a vicende fra cronaca e storia come la scomparsa dell’economista Federico Caffè (L’ultima lezione, Einaudi, 1992) o in Il caso Piegari (Feltrinelli 2014) che ricostruisce la vita di un giovane economista schiacciato dalla macchina togliattiana del centralismo democratico. È un saggio, questo, più che un romanzo, ed è uno dei suoi libri più «veri», senza retorica, ancora una volta un’inchiesta sulla storia atroce e dimenticata di un intellettuale che dopo l’espulsione dal Pci venne trattato come un povero pazzo, fino alla morte nel 2007.
Storie napoletane, dolci e feroci. Dedicate a una città amata e tenuta a distanza. Napoli era la sua «casa ideale», dove peraltro aveva riportato in vita l’omonimo premio. Ma si rifiutò di viverci - ci andava spesso, rigorosamente in albergo -, quasi a segnare un distacco tra i ricordi e la vita quotidiana, tra i libri e tutto il resto: che non è stato meno ricco di passione. «Comunista» nonostante tutto, Rea si presentò come ultimo gesto alle elezioni europee del 2014, proprio l’anno di Don Giovanni, capolista nella circoscrizione Italia meridionale di L’altra Europa con Tsipras. Non venne eletto.