La Stampa 13.9.16
Spari contro la noia
Ecco l’ultima follia dei figli di Gomorra
Napoli, allarme per le “stese” che terrorizzano i rioni
Due denunciati: “Incutiamo paura, è un passatempo”
di Grazia Longo
L’ultima
svolta dei baby camorristi è quella del puro sadismo per combattere la
noia. Sparando all’impazzata, nella cosiddetta «stesa», non per punire o
intimorire gli esponenti di un clan rivale, ma per il gusto di leggere
il terrore negli occhi di chi rischia di diventare bersaglio. Con
un’indifferenza agghiacciante quasi più della violenza stessa, i due
giovani, di 18 e 20 anni, denunciati dai carabinieri per la stesa di
sabato notte a Marigliano, provincia napoletana terra del clan
Filippini-Lucenti, hanno ammesso di aver sparato, per fortuna con una
pistola a salve, «perché ci piace vedere la paura in faccia alle
persone».
La noia come motore principale di due scorribande, a
bordo di uno scooter. «Non sapevamo cosa fare, e allora abbiamo pensato
di divertirci così, spaventando la gente» è la terrificante
giustificazione. Dalla febbre del sabato sera, alla «paranza» del sabato
sera. Se un tempo ci divertiva andando in discoteca, ora si preferisce
terrorizzare il prossimo e imporre la propria autorità emulando i divi
della fiction Gomorra. Entrambi i denunciati sono di San Vitaliano e
appartengono famiglia camorriste.
Il maggiore, Remo Filippini, è
il figlio di un esponente di spicco del clan Filippini-Lucenti, mentre
il diciottenne, Luigi Palermo, è il nipote di un altro affiliato dello
stesso clan. Remo Filippini era già noto alle forze dell’ordine per
reati contro il patrimonio, mentre il diciottenne era in permesso dalla
comunità, dove si trova per una rapina commessa da minorenne.
Almeno
quattro i colpi esplosi, prima tra i clienti di alcuni bar e poi vicino
le case popolari nei pressi del complesso del rione Pontecitra. Sul
posto i carabinieri, agli ordini del comandante provinciale di Napoli
Ubaldo Del Monaco, hanno trovato e sequestrato alcuni bossoli di una
semiautomatica a salve. L’arma è stata sequestrata: si tratta di una
pistola modificata con alcune cartucce nel caricatore. È stata
recuperata in un nascondiglio nel retro di un’abitazione. La stesa di
Marigliano segue di pochi giorni quella nel centro storico del capoluogo
campano, ai quartieri spagnoli. Ma in quel caso un proiettile si è
conficcato nel soffitto dell’abitazione del figlio di Giuseppe Salvia,
vicedirettore del carcere di Poggioreale ucciso dalla camorra cutoliana
negli Anni 80 all’imbocco della Tangenziale.
L’episodio di sabato
notte, invece, più che un’intimidazione per vendetta o per imporre il
proprio potere, racconta che la pistola è diventata uno strumento per
combattere la noia. Più in generale, tuttavia, la stesa avviene sempre
all’ombra della fascinazione criminale per la vita dei boss. Lo rivelano
anche i social media. Su Facebook decine di gruppi raccontano la
quotidianità violenta dei baby-gangster. Si chiamano «O’sistema», «Pane e
malavita», «Detenuti noi siamo qua». E non pensiate si tratti di un
fenomeno marginale: la pagina «Noi carcerati» conta oltre 70 mila fan.
Spopolano le citazioni delle serie tv «Gomorra», «Narcos» e «Romanzo
Criminale».
La sudditanza psicologica adolescenziale per la vita
dei boss viaggia in rete. I ragazzini dal grilletto facile condividono i
video delle «stese» nei gruppi di WhatsApp. Postano selfie su Instagram
dove appaiono con facce seriose e pistole in mano. Tatuaggi, barbe
lunghe e canzoni neomelodiche. Gli ex bambini delle paranze nelle foto
non ridono mai. Gli slogan sono un elogio alla malavita, non c’è traccia
d’ironia: «Meglio un amico camorrista che carabiniere», «la camorra è
rispetto e onore», «chi galera non prova, libertà non apprezza»,
«nessuna pietà per gli infami», «noi pregiudicati viviamo da leoni e
moriremo da leoni», «meglio schedati che servi dello Stato».
Molti
giovani camorristi portano lunghe barbe «alla talebana»: sono i
cosiddetti «barbudos», e il gup del Tribunale di Napoli Nicola Quatrano
li paragona ai «militanti del jihad perché entrambi sono ossessionati
dalla morte, forse la amano, probabilmente la cercano, quasi fosse
l’unica chance per dare un senso alla propria vita e per vivere in
eterno». Ma il sindaco Luigi De Magistris cerca di essere ottimista: «È
in atto un tentativo di riposizionamento di pezzi di criminalità che
vogliono cercare di occupare pezzi di territorio, ma non ci riusciranno
perché la risposta dello Stato, della stragrande maggioranza dei
napoletani e delle istituzioni sarà forte. È un momento difficile che
supereremo, perché sono convinto che la Napoli migliore vincerà». Anche
il cardinale Crescenzio Sepe ribadisce che «Napoli non è solo Gomorra,
ci sono tanti giovani con sani ideali».